Recensione asylum - la morte dietro il cancello
Recensione a cura di A. Cavisi
Il giovane dottor Martin si reca in un manicomio per sostenere un colloquio ed essere assunto come psichiatra. Una volta arrivato, il dottor Rutherford lo sottoporrà ad una specie di test: dovrà avere un colloquio con alcuni dei pazienti al piano di sopra e scoprire quale di essi è il dottor Starr, direttore del manicomio improvvisamente impazzito.
Un horror non convenzionale questo "La morte dietro il cancello", titolo originale "Asylum", suddiviso in quattro succosi episodi che ben raccontano i meandri contorti e a tratti terrificanti della psiche umana, nonché, altro lato della medaglia, la cattiva condotta di medici e addetti ai "lavori" nel cercare di comprendere, risolvere o arginare la "pazzia". Come da tradizione "manicomiale" che si rispetti, ovviamente, si scoprirà che la vera pazzia è quella insita nell'intento di alienare e sconfinare il diverso, l'incomprensibile, ciò che va oltre l'ordinario e il consuetudinario.
Ecco che allora tramite il test a cui è sottoposto il dottore protagonista veniamo trascinati in quattro racconti in cui a farla da padrone è l'atmosfera tetra e macabra, nella proposizione di un tipo di horror psicologico, piuttosto che effettistico.
Il dottore si relazionerà con quattro pazienti diversi, due uomini e due donne, e ognuno di loro racconterà il motivo per il quale è stato rinchiuso in manicomio, ricordando la straordinarietà dei fatti accaduti non tralasciando i particolari più inquietanti e terrificanti. Sono quattro dunque gli episodi della pellicola, in puro stile Amicus, la casa di produzione che negli anni '60 e '70 sfornò una serie di pellicole di questo genere, anche se in numero inferiore rispetto alla casa di produzione rivale, la Hammer.
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