Recensione gangster story
Recensione a cura di amterme63 (voto: 8,5)
Una delle tante contraddizioni degli Stati Uniti d'America è quella di essere una delle nazioni più severe e punitive nei confronti del crimine e allo stesso tempo avere verso la figura del criminale un'attenzione particolare, quasi una venerazione, tanto da trasformarlo a volte in fonte di mito.
L'immaginario collettivo proietta in queste figure estreme e ai limiti del vivere sociale tutte le proprie frustrazioni e i propri desideri repressi. Non c'è da meravigliarsi quindi se il criminale è una delle figure che appare più spesso sullo schermo delle sale cinematografiche, addirittura fin dalla nascita di questa arte (vedi "The Great Train Robbery").
Il modo con cui viene rappresentato il criminale nei film, l'atteggiamento riservato nei suoi confronti è una preziosa testimonianza dell'atmosfera culturale di un dato periodo storico. Non c'è niente di meglio quindi per conoscere i sentimenti collettivi dell'America degli anni '60, che guardare il capolavoro di Arthur Penn "Gangster Story", meglio conosciuto con il suo titolo originale di "Bonnie and Clyde", uscito nel 1967.
Questa però non è l'unica ragione per riesumarlo alla memoria del presente. Si tratta di un film tecnicamente di grande qualità, dalla sceneggiatura appassionante e senza una sbavatura, interpretato da attori sfolgoranti nella loro gioventù, bellezza e bravura, dotato di una fotografia affascinante (vincitrice di un Oscar), pieno di ironia, sentimento, azione.
Insomma, una serata in compagnia di questo film è senz'altro una serata culturalmente ed esteticamente appagante.
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