giovedì 28 aprile 2011

Recensione SILVIO FOREVER

Recensione silvio forever




Regia di Roberto Faenza, Filippo Macelloni con Silvio Berlusconi

Recensione a cura di Mimmot

"Silvio forever" è un film horror per stomaci forti.
Ma non per la fattura dell'opera di Faenza e Macelloni e di Rizzo e Stella, che risulta estremamente efficace - grazie ad un lungo lavoro di ricerca e di raccolta, che sarà loro costato mesi e mesi di dura fatica - ma per l'incessante senso di tristezza che procura l'incedere delle immagini e delle parole che si susseguono sullo schermo e davanti ai nostri occhi. Immagini tragiche e grottesche, esilaranti e stranianti, che in parte spiegano l'attaccamento di una larga fetta di italiani, suoi elettori, e il senso di ripulsa della restante parte.
Immagini forti e agghiaccianti in un documentario antropologico su un uomo che, come il pifferaio magico di Hamelin, per circa vent'anni ha incantato, sedotto, incatenato, corrotto, sopraffatto, illuso, l'Italia e gli italiani.
Ed è questa la domanda che, alla fine, sempre più spesso, ci facciamo: come è potuto succedere tutto ciò? Cosa è successo agli italiani per essere rimasti ammaliati (forse definitivamente) al punto di fidarsi così ciecamente e così a lungo di uomo così?

Costruito con grande abbondanza di reperti scovati nei ripostigli della memoria il film, come recita l'incipit, è una biografia non autorizzata sull'uomo che nel bene e nel male (molto più male che bene) ha segnato la vita politica del nostro paese, negli ultimi venti anni: dalla "discesa in campo al bunga bunga", passando per scandali (economici e sessuali) processi (evitati), gaffe internazionali, barzellette da caserma, performance canterine e ridicolo (in)volontario.
Niente di particolarmente originale, solo un lungo, insistito spot di cose viste, riviste e risapute, che messe insieme fanno non la storia di un uomo, ma la storia di un paese.
Un lungo apologo personale, un delirio di onnipotenza, che strappa qualche sorriso a denti stretti (se non fosse tutto così drammaticamente vero) e tanta, tanta tristezza. Una lunga allegoria che non sposta di una virgola l'idea che detrattori e veneratori si sono fatta di "lui".

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