lunedì 26 novembre 2012

Recensione COSIMO E NICOLE

Recensione cosimo e nicole




Regia di Francesco Amato con Riccardo Scamarcio, Clara Ponsot, Paolo Sassanelli, Andrea Bruschi, Giorgia Salari

Recensione a cura di Stefano Santoli (voto: 7,0)

"Cosimo e Nicole" sono una coppia priva, come tante, di altri legami: due ragazzi indipendenti, precari anche per scelta, "incasinati e un po' incoscienti" (come li definisce il regista). Lui italiano (interpretato da Riccardo Scamarcio), lei francese (Clara Ponsot). Si sono conosciuti a Genova durante il G8, nel 2001. Lì decidono di vivere insieme. Rinchiusi in una dimensione privata che esclude tutto il resto: complici, innamorati, appassionati, il loro rapporto è descritto senza sdolcinatezze romantiche, in modo epidermico. Sembra che la vita gli basti: vivono, e sopravvivono, lavorando precariamente per un indebitato allestitore di concerti (interpretato dal caratterista Paolo Sassanelli, in una prova un po' stridente).
Il film è contrappuntato da godibilissimi anche se indulgenti spezzoni di concerti delle principali band italiane di rock - come si dice? "alternativo"?: Marlene Kuntz, Afterhours, Verdena. La colonna sonora è funzionale ai caratteri dei personaggi, insieme liberi e tormentati.

Un grave incidente sul lavoro, che coinvolge un immigrato clandestino della Guinea, arriva come il destino a frapporsi fra Cosimo e Nicole. Le reazioni alle conseguenze di quanto è capitato sono molto diverse, per i due protagonisti. Di lì il film si trasforma in un autentico percorso di formazione a due, che prima li allontana, poi li riavvicina, in una vicenda che - con un occhio ai primi Dardenne de "La promessa" (1996) - ricorda l'impossibilità di scampare alle conseguenze morali delle proprie azioni (come insegna Dostoevski con "Delitto e Castigo"). Cosimo e Nicole, in un finale notevole, che vale tutta la pellicola, scontano la loro colpa: che non è quella che la legge attribuisce loro, e nemmeno in fondo quella per la quale non sono mai stati puniti. La loro responsabilità è di essersi asfitticamente chiusi nel privato, pretendendo - con la stessa naturale arroganza della nostra società - di fare della propria vita e delle proprie esigenze l'unico orizzonte, l'unica dimensione del mondo.

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