martedì 4 ottobre 2005

Recensione IL FIGLIO

Recensione il figlio




Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne con Olivier Gourmet, Morgan Marinne, Isabella Soupart

Recensione a cura di kowalsky

"Colpire al cuore", come in un film di Gianni Amelio di qualche lustro fa.
Fu la più grande alta marea degli ultimi 20 anni a "colpirmi" quella sera che mi azzardai a mettermi gli stivali alti e superare ogni impasse temporale di Venezia per andare a vedere questo film. Io e una ragazza, coraggiosamente, abbiamo superato calli e campi trasformati in atipici affluenti per "qualcosa che anche nei giorni di sole non riempie certo i botteghini".
Un cinema quello dei Dardenne, quasi metafisico, à la Kiarostami (ma senza l'ironia beffarda dell'autore nordico) o alla Kieslowsky, un cinema dove i personaggi palesano, occultano, reprimono, svelano con difficoltà.

Non è null'altro che la ragione della dignità umana, in certi casi. Lo spettatore non ama un contatto tanto profondo, "epidermico" con un film, tralasciando le velleità sociali e omettendo la sua diretta identificazione. Ma in linea di massima i Dardenne non provano alcun espediente calligrafico, nè il simbolismo cromatico-spirituale di cui l'amato Kieslowsky faceva largo uso soprattutto nel "Decalogo". E' qualcosa a sè.
Tutto è lasciato al gioco degli sguardi, all'inconfessabile ragione della vita, che poi è la stessa ragione per cui possiamo parlare esattamente di Cinema con la C maiuscola. Immagine che ci purifica dal modello tradizionale, che ci consegna un minimalismo quotidiano attraverso la sfida ai grandi mezzi tecnici della comunicazione nel segno del dettaglio, dell'umiltà dei gesti e delle (poche ma significative) parole, lasciandoci addosso una sorta di malessere empatico frammisto a benessere emotivo.

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