venerdì 14 ottobre 2005

Recensione KUNDUN

Recensione kundun




Regia di Martin Scorsese con Tenzin Thuthob Tsarong, Tencho Gyalpo, Tsewang Migyur Khangsar, Geshi Yeshi Gyatso

Recensione a cura di Giordano Biagio

"Ci hanno portato via il nostro silenzio". La frase nel film è di uno dei collaboratori più fidati del Dalai Lama e viene pronunciata dopo l'invasione tibetana da parte dei cinesi di Mao Tse Tung. Una frase che dà l'idea del grande trauma subito da chi incarnava la cultura e la religione buddista nel 1949. Il territorio del Tibet subisce un passaggio forzoso alla cosiddetta madrepatria cinese perdendo definitivamente la propria identità. Film raro. Di grande spessore tecnico e culturale. Incentrato sulla storia del 14° Dalai Lama e sul tragico conflitto tra Tibet e Cina creatosi tra il 1949 e il 1959.

Straordinaria la capacità di Scorsese nel trasmettere pathos per immagini. Immagini dominate dal rosso delle toghe dei monaci e da un giallo forte, luminoso, riflesso dagli oggetti e dai preziosi del rito. Colori che portano ad un altrove che ci riguarda, coinvolgendoci lungo raffigurazioni etiche di grande raffinatezza e spiritualità. Un film che funziona perché molto curato sul piano dei tempi delle inquadrature. Inquadrature ricchissime di varianti prospettiche con riprese molto lente che consentono allo spettatore di cogliere i numerosi significati che le racchiudono. Grazie alla bravura del regista la pellicola trova nel montaggio e nelle riprese una scrittura altra che compensa le lacune della sceneggiatura. Lacune vistose sul piano dell'unità dell'argomento. L'argomento doveva riguardare in particolare la conoscenza del culto religioso buddista in un contesto di società in forte evoluzione. Ma il film oscilla indeciso tra un ottimo approfondimento visivo della cultura filosofica buddista e un'esposizione incerta della politica e della conflittualità del Tibet con la Cina. I contenuti della politica vengono schematicamente organizzati dal regista in sequenze brevi. Esse a causa di una brutta sintassi visiva risulteranno poco scorrevoli. La Cina viene vista da Scorsese come cinica violentatrice del Tibet, usurpatrice di una società che vanta un millennio di non violenza.

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