lunedì 31 ottobre 2005

Recensione THE EXORCISM OF EMILY ROSE

Recensione the exorcism of emily rose




Regia di Scott Derrickson con JR Bourne, Laura Linney, Jennifer Carpenter, Shohreh Aghdashloo, Joshua Close, Aaron Douglas, Colm Feore, Lorena Gale

Recensione a cura di Matteo Bordiga

Non è solo un horror. Non è solo un thriller. E sarebbe riduttivo definirlo un film "drammatico".

Scott Derrickson punta proprio sulla combinazione di questi tre generi, impreziosita da velleità teologico-filosofiche, per sfornare una pellicola in grado di restituire il brivido, alla Friedkin, dell'esorcismo nudo e crudo, la tensione emotiva che invita a restare seduti sulla poltrona per scoprire come va a finire il processo a padre Moore e l'angoscia per la sorte di Emily Rose, interpretata da una Jennifer Carpenter intensa, perfino straziante.

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venerdì 28 ottobre 2005

Recensione LA TIGRE E LA NEVE

Recensione la tigre e la neve




Regia di Roberto Benigni con Roberto Benigni, Nicoletta Braschi, Jean Reno, Tom Waits

Recensione a cura di Simone Bracci

La poesia spesso assume i canoni di un racconto a divulgazione etico-morale, ma non sempre è così, non sempre ha una finalità costruttiva. Perché la poesia, tradotta in fiction, è utile al narratore anche solo per raccontare una storia, una storia d'amore che si eleva dallo sfondo di un conflitto militare, che è sinonimo della "non-pace" dell'Iraq dei giorni nostri. "La tigre e la neve", che nel film diventa l'immagine dell'infatuazione, dell'amore per la vita e della vita stessa donata per amore, è proprio questa rappresentazione, una fiaba modernissima sull'assurdità di quel luogo comune che è la guerra.

Il poeta Attilio ("l'istrione" Benigni) affronta il suo viaggio surreale, come spesso gli è accaduto in passato, avvolto da un'aura di candore che gli permette di attraversare Baghdad praticamente illeso e quasi inconsapevole, proprio come sul tappeto volante delle Mille e una notte, insieme al fidato amico e collega Fuhad (un convincente Jean Reno). Egli intraprende il suo cammino "isterico" e grottescamente allucinante da Roma alla martoriata capitale irachena per salvare l'amata Vittoria (una Nicoletta Braschi che ben figurerebbe nel museo delle cere di Madame Tussaud), biografa di Fuhad e rimasta gravemente ferita nel crollo di un palazzo bombardato da non si sa bene chi.

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giovedì 27 ottobre 2005

Recensione MONTY PYTHON: IL SENSO DELLA VITA

Recensione monty python: il senso della vita




Regia di Terry Gilliam, Terry Jones con Graham Chapman, John Cleese, Eric Idle, Terry Gilliam, Terry Jones, Michael Palin

Recensione a cura di maremare

Il sublime e il ridicolo: il senso della vita.

Uno degli episodi più esilaranti del film dei Monty Python ha luogo nell'appartamento di una coppia. Due uomini che si occupano di "trapianti di organi" suonano il campanello e chiedono il fegato del marito. Il poveretto fa resistenza, essi hanno diritto a prelevargli il fegato solo se muore e quindi vorrebbero farlo schiattare, adducendo come giustificazione che se gli asportassero il fegato da vivo probabilmente egli non sopravvivrebbe ugualmente. Cogliendolo in un attimo di smarrimento, lo accoppano e si mettono al lavoro, strappando organi sanguinolenti dalle viscere della vittima. La moglie non può sopportare la vista di tutto ciò e lascia la stanza per recarsi in cucina; uno degli uomini la segue e chiede anche a lei il fegato. Lei si rifiuta, tuttavia un tizio esce dal frigorifero della signora e la conduce fuori dalla cucina, in una passeggiata surreale per l'Universo, mostrandole l'immensità dello stesso e il danzare ritmico dei pianeti tra loro. Di fronte a cotanta meraviglia la meschina si rende conto di quanto sia piccolo e insignificante il suo fegato e acconsente a donarlo, facendoselo asportare da viva.

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martedì 25 ottobre 2005

Recensione LAVORARE CON LENTEZZA

Recensione lavorare con lentezza




Regia di Guido Chiesa con Tommaso Ramenghi, Marco Luisi, Claudia Pandolfi, Valerio Mastandrea, Valerio Binasco, Jacopo Bonvicini, Max Mazzotta, Massimo Coppola

Recensione a cura di Laura Ciranna

Bologna, metà degli anni '70: anni di piombo e pensieri come l'aria, parole a briglia sciolta che viaggiano sulle onde FM, corrono per i portici, filtrano sottoterra.

Questa è la storia di Radio Alice: un centro creativo, un flusso di coscienze, un sogno di ragazzi che cercavano una società diversa, una vita fatta di lavori che non li annichilissero e di amori che non li possedessero.
Un grido che diceva "Abbasso la vita quotidiana!" e cercava un'arte nuova, elementare e ancestrale, che ridonasse agli uomini la forza di essere uomini.
Un'utopia che, col suo gusto anarchico, ribelle e irridente, andava invocando un ritmo nuovo nel vivere, scardinando le coscienze borghesi, sabotando la produttività ed il ben pensare.
Un luogo di raccolta per "scalcagnati" di ogni genere, in rotta di collisione con tutto, anche nei confronti del "grande padre politico", il Partito Comunista Italiano, accusato di stare al gioco dello Stato repressivo.

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lunedì 24 ottobre 2005

Recensione REQUIEM FOR A DREAM

Recensione requiem for a dream




Regia di Darren Aronofsky con Ellen Burstyn, Jared Leto, Jennifer Connelly, Marlon Wayans, Christopher McDonald

Recensione a cura di echec_fou

Il termine "requiem" si riferisce, nell'ambito della tradizione cristiana, ad una particolare tipologia di ritualità. La messa di requiem, infatti, è un rito che viene celebrato in onore e ricordo dei defunti. In questo caso però, il defunto non è una persona in carne ed ossa, ma un sogno. Il film ne rappresenta la messa di requiem.
Questo è il biglietto di presentazione del film.

Per il soggetto che tratta, "Requiem for a dream" di Aronofsky va a seguire la scia intrapresa da "Trainspotting", gettando uno sguardo da vicino su uno dei problemi che più ha colpito le sensibilità negli ultimi 50 anni: il consumo di sostanze stupefacenti, di ogni natura, da droghe pesanti come cocaina ed eroina, fino ad arrivare a barbiturici e anfetamine.
Tuttavia, non si pone mai, in nessun momento, in maniera documentaristica, ma la tecnica cinematografica, magistralmente utilizzata dal suo regista, è tutta tesa al coinvolgimento emotivo e, per certi versi, spirituale dello spettatore. E' in questo aspetto che si concentra tutta la potenza destabilizzante del film.
Il coinvolgimento è infatti sempre tenuto acceso da una sceneggiatura semplice, ma essenziale, e una colonna sonora che riesce a strappare lo spettatore dalla poltrona, per condurlo in una dimensione esistenziale parallela, in cui l'umanità perde significato e il dolore diventa l'unico dio.

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venerdì 21 ottobre 2005

Recensione NIENTE DA NASCONDERE

Recensione niente da nascondere




Regia di Michael Haneke con Juliette Binoche, Daniel Auteuil, Maurice Bénichou, Annie Girardot, Bernard Le Coq

Recensione a cura di GiorgioVillosio

La maggior parte delle persone vive la propria vita con spontaneismo "vegetale", senza riflettere sui come e sui perché; e fermandosi comunque al livello effettuale dell'esistenza, rinunciando ad auscultarsi interiormente per capire l'origine del proprio comportamento.
Da questo stato di "sopore" della coscienza, hanno origine le nevrosi di ogni tipo; tutte riconducibili a un denominatore comune: quello di compiere quotidianamente azioni che crediamo mirate a fini particolari, ma in realtà pilotate dalle zone d'ombra del nostro inconscio, a nostra totale insaputa. Da dove possa originarsi un processo di segno inverso, che porti a maggiori consapevolezze del sé, non è sempre chiaro; anche perché la maggior parte delle persone non gradisce andare a fondo dell'autoconoscenza, e sceglie la via di fuga della rimozione come lo struzzo: con la testa sotto la sabbia si ha meno paura perché non si vede il pericolo, e, oltretutto, si rifugge dallo spauracchio del cambiamento.

Pari pari, queste considerazioni potrebbero trasferirsi dalla sfera del singolo individuo, a quella più lata della politica e delle nazioni: queste stesse tendono a perpetrare delitti, obnubilando in seguito la doverosa coscienza storica, altrimenti soffocata dal senso di colpa. Che a questo punto torna necessariamente in ballo anche per il destino dei singoli, che di questo si alimentano abitualmente, dall'infanzia alle età più avanzate. Dove questo cova come brace sotto la cenere dell'evidenza, divenendo l'ombra oscura alla base dei nostri comportamenti, pilota automatico del nostro navigare nel mondo e nella vita; con il carico di sofferenza delle nostre nevrosi, in gran parte legate all'ignoranza dei problemi profondi del nostro inconscio.

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giovedì 20 ottobre 2005

Recensione PERSONA NON GRATA

Recensione persona non grata




Regia di Krzysztof Zanussi con Zbigniew Zapasiewicz, Nikita Mikhalkov, Jerzy Stuhr, Daniel Olbrychski, Andrzej Chyra, Maria Bekker, Victoria Zinny, Remo Girone

Recensione a cura di kowalsky

Sono costretto ad ammettere la mia proverbiale intolleranza, ma non posso esimermi dal relegare il nome di Zanussi al suo smodato e notorio cattolicesimo, lo stesso che lo porta ad assolvere il "Gesù" di Zeffirelli ed a recriminare contro Mel Gibson (la terza via..., scelta spirituale a parte, sarebbe chiedersi quale dei due film meriterebbe per primo il rogo).
Autore di un retorico film televisivo sulla figura di papa Woytila ("Da un Paese Lontano", vent'anni or sono e oltre), nemico giurato del radicalismo osservante e conformista nel denunciare nel Comunismo la radice di tutti i mali, e nelle ragioni dello spirito (per quanto imperialiste e sociopolitiche come quelle di oggi) l'assoluta Salvezza del corpo e della mente.
Per questa ragione anche il suo cinema ne risente: statico, ingessato, sobrio anche nei momenti che reclamerebbero un po' più di "larva", non riesce a soffocare quel sentore sacrestano del pensiero dell'autore.

Però, qualche volta, occorre separare la ragione (o il modo personale e vagamente superbo di riscrivere la storia) da un film.
Per quanto qui ritroviamo, nei panni dell'amico, e forse rivale del protagonista, un'altro acerrimo fustigatore delle licenze Marxiste - qualcosa che non ha ancora una definizione come "antistalinismo" anziché il rifiuto in toto dell'Ideologia - "Persona non grata" è un film assai interessante.
La figura di Wiktor, in bilico tra un presente disilluso e una precaria ma forte desistenza da un passato, ha certamente più punti in contatto con "L'insostenibile leggerezza dell'essere" di Kundera che con i personaggi evocati tra reportage e soggettiva dell'affresco doppio di Wajda, "L'uomo di marmo/l'uomo di ferro".
Non è esclusivamente il rapporto perenne dell'uomo con la sua solitudine, ma con tutto ciò che lo porta ad estraniarsi, e a confondersi tra vari topoi di modello (il segretario impiccione e vagamente viscido, il cinico Primo Ministro al potere, l'amico che forse ha avuto una relazione con la moglie, il Russo in trasferta) atto a celebrare o affondare, a seconda degli schemi, i suoi antichi idealismi.

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mercoledì 19 ottobre 2005

Recensione INSEPARABILI

Recensione inseparabili




Regia di David Cronenberg con Jeremy Irons, Geneviève Bujold, Heidi von Palleske, Barbara Gordon, Shirley Douglas

Recensione a cura di Aenima (voto: 10,0)

"E IL VERBO SI FECE CARNE"

Un qualsiasi approccio all'irrazionale universo Cronenberghiano deve ricondursi ineluttabilmente alle determinanti ontologiche dell'essere.
Tuttavia, nella terminologia moderna, non esiste un vocabolo che possa descrivere la condizione dell'uomo nella visione di, quello che reputo, uno dei più grandi geni concettuali dei giorni nostri; questo perché le sue ossessioni sembrano avere radici fin troppo profonde, inarrivabili e sostanzialmente dimenticate.
E' addirittura nel giudaismo farisaico infatti che, con il termine "Basar", viene anticipata la fusione metafisica tra il corpo e il lato psicosomatico dell'anima (nefesh), primo ma non unico, tema comune tra le varie opere di C.

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martedì 18 ottobre 2005

Recensione ARIZONA DREAM

Recensione arizona dream




Regia di Emir Kusturica con Johnny Depp, Jerry Lewis, Faye Dunaway, Lili Taylor, Vincent Gallo, Paulina Porizkova, Michael J. Pollard, Polly Noonan

Recensione a cura di Laura Ciranna

Invitato a insegnare alla Columbia University di New York, sulle tracce di Milos Forman, Emir Kusturica riceve da un proprio allievo la sceneggiatura de "il valzer del pesce freccia" che diventerà dopo numerose riscritture "Arizona Dream", primo ed unico film americano del rutilante regista balcanico.
Kusturica si lascia stregare dagli spazi del territorio americano, che tanta fascinazione hanno sempre esercitato sui registi europei (la mente va ovviamente a Wenders); la sua freschezza ed i suoi colori si armonizzano in maniera superba con lo scenario naturale dell'Arizona creando una tragicommedia visionaria sul sogno americano, fatto di Cadillac che arrivano fino alla luna, smoking rosa e cactus che crescono all'ombra di un grande albero.

Ma durante la realizzazione del film gli eventi storici precipitano: in Yugoslavia scoppia la guerra civile, le milizie bosniache fanno irruzione nella sua casa natale, i suoi genitori fuggono in Montenegro e suo padre (al quale il film verrà dedicato) morirà dopo qualche mese.
Tali avvenimenti influenzeranno moltissimo la vita del regista e di conseguenza il suo film.
La sua idea iniziale continua ad evolversi, si muove e guizza; i suoi temi si caricano di nuovi significati e si vestono di nuovi simboli. Le riprese di questo film dureranno addirittura un anno e verranno interrotte per tre mesi a causa di un esaurimento nervoso del regista.

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lunedì 17 ottobre 2005

Recensione SUPERMAN

Recensione superman




Regia di Richard Donner con Marlon Brando, Gene Hackman, Christopher Reeve, Ned Beatty, Jackie Cooper, Glenn Ford, Trevor Howard, Margot Kidder

Recensione a cura di Demetrio

Il vero uomo d'acciaio, l'eroe di tutti gli eroi, l'inimitabile, l'insuperabile, l'incredibile Superman.
Forse Superman è l'eroe dei fumetti più amato in assoluto, l'unico che può insidiare il suo posto nel cuore di migliaia di fan giovani e meno giovani è Batman, per molti anni dopo l'uscita di questo film, l'eroe dal mantello rosso ha incarnato nell'immaginario collettivo un mito, un simbolo di libertà e di giustizia. Il super uomo ha rappresentato e rappresenta ancora adesso un'intera nazione: gli Stati Uniti, sua terra natia.

Il film inizia nel lontano 1948 con un particolare processo a tre ribelli del pianeta Krypton, colpevoli di aver tentato un colpo di stato per assumere il controllo e il potere sull'intero pianeta, il personaggio a cui spetta il compito di eseguire il processo ed in fine giudicare gli imputati è Jor-El un famoso scienziato di Krypton interpretato da un grandissimo Marlon Brando. L'esito del processo è decisamente negativo per i tre ribelli che vengono condannati all'esilio nella zona fantasma, un'angolo remoto e senza via d'uscita nella galassia dove si trova Krypton, luogo scoperto proprio dal loro giudice lo scienziato Jor-El.
Intanto però sul pianeta Krypton grava una pericolosa minaccia: il Sole Rosso di Krypton, fonte di energia per tutti gli abitanti del pianeta, si avvicina minaccioso all'orbita di Krypton. Questa situazione non desta molte preoccupazioni ne agli abitanti del pianeta ne tanto meno al consiglio supremo di Krypton, l'unico che ha previsto l'imminente catastrofe è Jor-El, inutili però sono i suoi tentativi di convincere il consiglio a preparare un piano di evacuazione per tutti gli abitanti del pianeta, il consiglio respinge le affermazioni di Jor-El e per questo lo scienziato si ritira nel suo alloggio e medita sul modo di far salvare almeno un abitante di Krypton, il suo unico figlio neonato Kal-El, progettando una speciale navicella Jor-el permette a suo figlio di fuggire da Krypton proprio mentre questo sta per esplodere, la destinazione inserita nella navicella è il pianeta Terra, il nostro pianeta è scelto da Jor-El proprio per la sua conformazione e per la sua atmosfera, li Kal-El sarebbe diventato invincibile e grazie alla diversa forza di gravità che la Terra esercita sugli uomini, differente da quella di Krypton, suo figlio si potrà muovere a velocità incredibili fino ad addirittura volare un giorno.

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Recensione SUPERMAN

Recensione superman




Regia di Richard Donner con Marlon Brando, Gene Hackman, Christopher Reeve, Ned Beatty, Jackie Cooper, Glenn Ford, Trevor Howard, Margot Kidder

Recensione a cura di antoniuccio (voto: 10,0)

Ideato sul finire degli anni '30 da due studenti nordamericani (uno statunitense e l'altro canadese), già sulle pagine dei fumetti della DC Comics, Superman incarnava un misto perfetto di ideali, forza e mistero, che in brevissimo tempo fece breccia nel cuore degli americani.
Produrre, scrivere e dirigere il film su un personaggio intoccabile, costituiva una vera sfida. Il precedente creato dalla serie televisiva, resa celeberrima dall'attore George Reeves che rappresentò per i giovani dell'epoca un vero e proprio idolo, costituiva un muro insormontabile. Il rischio di un flop di quelli che rovinano per sempre una casa cinematografica era reale e per molto tempo il progetto attese in un cassetto.

Come più volte accade, per demolire antiche paure, a volte, occorre un outsider: per Superman ve ne furono due, provenienti – per l'epoca – davvero da un altro mondo; Aleksander e Ilya Salkind erano padre e figlio russi (sebbene Ilya fosse nato nel Messico), e non possedevano tutto questo timore reverenziale verso il personaggio. Si rivolsero a Richard Donner, il quale, con carta bianca, diede un taglio personalissimo alla storia da trasferire sul grande schermo.

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sabato 15 ottobre 2005

Recensione IN COMPAGNIA DEI LUPI

Recensione in compagnia dei lupi




Regia di Neil Jordan con Sarah Patterson, Angela Lansbury, David Warner, Stephen Rea, Tusse Silberg

Recensione a cura di kaiser soze

Rosaleen passa tutto il suo tempo nella sua camera a dormire.
Sogna un mondo da fiaba, nel '700, dove i lupi corrono liberi nella foresta e dove gli uomini sono pericolosi quanto gli animali.

Rosaleen, una graziosa adolescente inglese, passa le sue giornate dormendo. Nei suoi sogni, popolati di giocattoli infantili che improvvisamente si animano e di animali feroci (i lupi) in una fantastica foresta, la ragazza rivive le fiabe che la vecchia nonna le ha raccontato fin dalla più tenera infanzia, collocando la nonna, se stessa e tutti gli avvenimenti nel lontano Settecento.
Rosaleen crede ciecamente ai racconti della nonna, ma vuole anche conoscere ed affrontare la realtà ed i suoi inevitabili pericoli: sa che non dovrà mai abbandonare il sentiero e sempre diffidare degli uomini, che sono più feroci dei lupi. La sorella di Rosaleen, nei suoi incubi, è morta sbranata da un lupo. Un giorno deve attraversare il bosco per recarsi alla casetta della nonna, è protetta solo dalla mantellina di lana rossa che le ha fatto la vecchia. Incontra un seducente cacciatore, che la sfida ad arrivare prima di lui a destinazione: se lui vincerà, avrà come premio un bacio. Rosaleen, affascinata, accetta, ma a casa non troverà più la nonna ma il forestiero, che dopo averla baciata si tresformerà in un lupo. Il padre ed i paesani accorrerà per salvare Rosaleen la quale, tuttavia, sceglierà di fuggire con la bestia accettando lei stessa di condividerne da lupa la sorte.
Al suo risveglio, l'ultima cosa che vedrà, sarà un lupo che entra dalla finestra della sua camera...

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venerdì 14 ottobre 2005

Recensione KUNDUN

Recensione kundun




Regia di Martin Scorsese con Tenzin Thuthob Tsarong, Tencho Gyalpo, Tsewang Migyur Khangsar, Geshi Yeshi Gyatso

Recensione a cura di Giordano Biagio

"Ci hanno portato via il nostro silenzio". La frase nel film è di uno dei collaboratori più fidati del Dalai Lama e viene pronunciata dopo l'invasione tibetana da parte dei cinesi di Mao Tse Tung. Una frase che dà l'idea del grande trauma subito da chi incarnava la cultura e la religione buddista nel 1949. Il territorio del Tibet subisce un passaggio forzoso alla cosiddetta madrepatria cinese perdendo definitivamente la propria identità. Film raro. Di grande spessore tecnico e culturale. Incentrato sulla storia del 14° Dalai Lama e sul tragico conflitto tra Tibet e Cina creatosi tra il 1949 e il 1959.

Straordinaria la capacità di Scorsese nel trasmettere pathos per immagini. Immagini dominate dal rosso delle toghe dei monaci e da un giallo forte, luminoso, riflesso dagli oggetti e dai preziosi del rito. Colori che portano ad un altrove che ci riguarda, coinvolgendoci lungo raffigurazioni etiche di grande raffinatezza e spiritualità. Un film che funziona perché molto curato sul piano dei tempi delle inquadrature. Inquadrature ricchissime di varianti prospettiche con riprese molto lente che consentono allo spettatore di cogliere i numerosi significati che le racchiudono. Grazie alla bravura del regista la pellicola trova nel montaggio e nelle riprese una scrittura altra che compensa le lacune della sceneggiatura. Lacune vistose sul piano dell'unità dell'argomento. L'argomento doveva riguardare in particolare la conoscenza del culto religioso buddista in un contesto di società in forte evoluzione. Ma il film oscilla indeciso tra un ottimo approfondimento visivo della cultura filosofica buddista e un'esposizione incerta della politica e della conflittualità del Tibet con la Cina. I contenuti della politica vengono schematicamente organizzati dal regista in sequenze brevi. Esse a causa di una brutta sintassi visiva risulteranno poco scorrevoli. La Cina viene vista da Scorsese come cinica violentatrice del Tibet, usurpatrice di una società che vanta un millennio di non violenza.

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