Recensione il decameron
Recensione a cura di peucezia
Primo film della cosiddetta "Trilogia della vita" a cui seguiranno i "Racconti di Canterbury" e "Il fiore delle Mille e una notte", "Il Decameron" tratto dall'omonima opera di Giovanni Boccaccio e uscito sugli schermi italiani nel 1971, vuole celebrare il trionfo della gioiosità della vita inteso come trionfo della sessualità.
Il regista sceglie nove tra i svariati racconti presentati da Boccaccio nella sua opera e predilige quelli in cui si esalta la licenziosità sia pur giocosa, vittoriosa sul buio del Medioevo e sugli altri poteri che imperavano in quell'epoca oscura. Accanto ai nove racconti ci sono due episodi "guida" destinati a fare da fil rouge: quello di ser Ciappelletto vissuto da pessimo uomo in vita e reputato santo da morto e quello autobiografico del pittore allievo di Giotto interpretato dallo stesso regista abbigliato come il Vulcano del Vélasquez, ma anche (per la sua fascia bianca che gli stringe la testa) come un guerriero giapponese. Il regista, a guisa dell'artista che interpreta, ammira la sua opera e le immagini che scorrono via via per concludere con il suo pensiero sui rapporti tra la vita, l'arte ed il sogno (richiamo, tra gli altri, ai drammaturghi Calderon de la Barca e William Shakespeare).
Come di consueto nei film girati da Pasolini, gran parte degli interpreti sono presi dalla strada e mostrano nel loro aspetto esteriore quanto la vita abbia influito sui loro volti imperfetti; siano essi giovani o anziani, caratterizzati da dentature sgangherate, sguardo alle volte anche "incattivito" come in alcuni fanciulli e il regista sottolinea maggiormente questa sua scelta con gli innumerevoli primi piani sui suoi personaggi.
Accanto agli attori non professionisti, ci sono anche due interpreti che hanno da sempre collaborato con Pasolini: Ninetto Davoli, protagonista della prima novella nel ruolo di Andreuccio da Perugia, caratteristica la sua parlata lenta e smozzicata e il recentemente scomparso Franco Citti, nel ruolo di ser Ciappelletto, a cui si confà il suo viso duro e scavato a dispetto dell'ancor giovane età dell'attore all'epoca delle riprese. Nel ruolo di Peronella, furba moglie fedifraga, c'è una irriconoscibile Angela Luce, sanguigna interprete napoletana.
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