giovedì 27 aprile 2006

Recensione IL REGISTA DI MATRIMONI

Recensione il regista di matrimoni




Regia di Marco Bellocchio con Sergio Castellitto, Donatella Finocchiaro, Sami Frey, Gianni Cavina, Maurizio Donadoni

Recensione a cura di maremare

Dopo l'irritante e deludente "Il sogno della farfalla", un Bellocchio più maturo, più 'soggetto', si riaffaccia al cinema-psicoanalitico tout court, al cinema come apertura semantica che rimanda continuamente il senso e l'interpretazione ad Altro.
Il pretesto è il film che Franco Elica (un Castellitto direttamente uscito dall'"Ora di religione") 'non ha da fare': i "Promessi Sposi" riletti in prospettiva rovesciata. Lucia è costretta dal padre a sposare il farlocco (Balocco verrebbe da dire) Renzo, ma 'desidera' l'Innominato.

Innanzitutto una premessa: Marco Bellocchio prima di essere stato figlio degenere di Fagioli, è stato figlio della Novelle Vague. Questo modo di fare cinema, nella cura maniacale dell'immagine, nella scelta ossessiva delle facce, dello sguardo, è inscritto nel suo Dna, nella sua Elica, appunto. Rappresenta la sua 'dote' migliore.
Il cinema degli anni Sessanta sancì una profonda frattura nel rapporto tra cinema e psicanalisi. Non si cercava più di riprodurre logicamente i simboli di un sogno, ma si cercava di riprodurre la logica del sogno, contrapposta alla razionalità della veglia. Questa opzione cinematografica alla fine si è, naturalmente, inscritta nelle regole implicite della settima arte. Ha tradotto l'onirismo in una narrazione, anzi in una logica rappresentativa.
Bellocchio, cineasta sperimentatore degli anni Sessanta e Settanta, nell'era 'fagioliana' ha vissuto lo scacco di una possibile totale liberazione dello Sguardo da ogni opzione linguistica, per poi tornare, volutamente, all'interno di una drammaturgia coerente, rendendola ambivalente.
Questa mediazione lo ha portato a realizzare i suoi film migliori: "La Balia", "Il Principe di Homburg", "L'ora di Religione", "Buongiorno Notte". Sono film situati in una zona di confine. Vi è una trama ufficiale, una narrazione di eventi concatenati che si svolge in maniera abbastanza lineare. A questa trama ufficiale, però, si abbina una sorta di dimensione allucinatoria vissuta dal protagonista. Questo meccanismo combinatorio realtà-allucinazione serve a Bellocchio per confondere non tanto i piani, ma i confini tra i piani. Così il regno dell'Altro non tracima nella realtà, sconvolgendola, ma interviene come correttore di rotta, suggerisce piste interpretative inaspettate.
Non abbiamo. insomma, una rivoluzionaria immaginazione al potere, ma un'immaginazione contrapposta al potere.
Nello splendido "L'Ora di Religione" vi era l'artista Ernesto Picciafuoco che, dopo aver tentato di sfidare apertamente il convitato di pietra Conte Bulla, distruggeva 'virtualmente' l'Altare della Patria, simbolo di un potere invadente e stupido nella sua retorica.
In "Buongiorno Notte" vi era una brigatista, rinchiusa nel gioco della Storia che, almeno nel sogno, prospettava a sé stessa un finale differente da quello che la storia stessa poi ci ha consegnato.
Moro liberato. Libero di passeggiare per le vie di Roma.

[...]

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