Recensione i cattivi dormono in pace
Recensione a cura di Tommaso Ghirlanda (voto: 8,0)
Ne "I cattivi dormono in pace", uscito nel 1960, Kurosawa tratta come tema principale la corruzione dilagante nelle alte sfere della società giapponese degli anni 50 e 60, e più precisamente il fenomeno a cui noi italiani abbiamo dato il nome di "appalti truccati". Chiaramente il Maestro non si limita a denunciare il diffuso malcostume, ma lo utilizza per scavare a fondo nell'animo umano e per donarci un nuovo affresco della sua visione del mondo.
Il film si apre con una scena da antologia, quella del matrimonio. Mentre dai dialoghi tra i giornalisti presenti capiamo subito che a sposarsi è la figlia del presidente di un'importante ditta edile, invischiata in grossi problemi giudiziari, assistiamo a una cerimonia in cui discorsi formali e ipocriti la fanno da padrone. A rompere con violenza quest'atmosfera di falsità avvengono due episodi: il primo è il discorso del fratello della sposa, personaggio che capiamo discostarsi dal contesto quando, con fare tutt'altro che formale, si impadronisce della bottiglia di vino direttamente dalle mani del cameriere. Il suo sincero e appassionato intervento rivolto allo sposo termina con "se la renderai infelice giuro che t'ammazzo", lasciando basita l'intera sala.
Il secondo è l'arrivo di una torta nuziale che raffigura il palazzo dove cinque anni prima uno dei dipendenti della ditta si era suicidato, e nella finestra del settimo piano da cui si era gettato è conficcata una rosa. Una vera dichiarazione di guerra lanciata da ignoti che getta nel panico i capi dell'azienda.
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