venerdì 4 marzo 2011

Recensione IL GIOIELLINO

Recensione il gioiellino




Regia di Andrea Molaioli con Toni Servillo, Remo Girone, Sarah Felberbaum, Fausto Maria Sciarappa, Lino Guanciale, Vanessa Compagnucci, Lisa Galantini, Renato Carpentieri, Gianna Paola Scaffidi

Recensione a cura di Stefano Santoli (voto: 5,0)

Con "Il gioellino", Andrea Molaioli giunge alla sua seconda prova, quasi quattro anni dopo il fortunato "La ragazza del lago" del 2007, ancora una volta con il grande Toni Servillo nel ruolo del personaggio principale.
Il film narra dall'interno il "crac" finanziario di una grande azienda agro-alimentare, la Leda (che sta per "latte e derivati alimentari"), e ricalca fedelmente le vicende della Parmalat.
Con l'espressione "il gioiellino" il presidente Rastelli si riferisce alla sua azienda, in quello che allo spettatore fa l'effetto di un'ironia sempre più grottesca. Il management dell'azienda si rivela inadeguato ad affrontare le sfide poste dal mercato e va verso un indebitamento sempre maggiore, sino a falsificare i bilanci, a gonfiare le vendite,ad accollare il rischio sui risparmiatori, entrando in borsa e gonfiando il valore delle quote. Infine, la scelta estrema prima del collasso è ricorrere agli strumenti della finanza "creativa" (ossia ardite operazioni finanziarie che fanno diventare i debiti strumenti di credito).
Dietro ad Amanzio Rastelli (interpretato da Remo Girone) si cela Calisto Tanzi, mentre Toni Servillo interpreta Ernesto Botta, alias Fausto Tonna (si noti il vezzo di fare dei nomi dei due personaggi di finzione quasi degli anagrammi di quelli reali).

I tre sceneggiatori (lo stesso Molaioli, insieme a Ludovica Rampoldi e Gabriele Romagnoli) hanno romanzato la cronaca, cercando di concentrarsi sulla definizione dei caratteri e corredando la storia di eventi e personaggi d'invenzione, tra i quali spicca Laura Aliprandi, la giovane nipote di Rastelli, interpretata da una Sarah Felberbaum compassata ma apprezzabile. Meno convincente appare l'interpretazione convenzionale di Girone, mentre Servillo infonde al suo personaggio (quello più a fuoco) una nevrosi sanguigna, scostante e solipsistica, con il talento cui ci ha abituati.

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