lunedì 5 giugno 2006

Recensione PAURA D'AMARE

Recensione paura d'amare




Regia di Garry Marshall con Michelle Pfeiffer, Al Pacino, Hector Elizondo, Kate Nelligan

Recensione a cura di GiorgioVillosio

La "paura di amare" deve essere sentimento ben diffuso, se è vero che nel giro di due sole generazioni troviamo ben tre film con questo titolo, e sempre con grandi interpreti (Bette Davis nel '35 e Jean Simmons con Jean Pierre Aumont nel '56); in aggiunta al film qui presentato con Al Pacino e Michel Pfeiffer del 1991.
In realtà la cosa sta in termini molto diversi, legata alle esigenze della commercializzazione nostrana che non smetteremo mai di esecrare. Per motivi biecamente commerciali si cambiano normalmente i titoli originali, snaturando l'"intenzione" di partenza, andando a evocare sentimenti banali e consueti per fruire di una più facile presa sul pubblico; anziché impiegare il generico "Dangerous" del '35, o i nomi propri dei protagonisti ("Hilda Crane", o "Frankie and Johnny") dei due rimanenti.
Col risultato di non raccontare la semplice storia di singoli individui, ma di esprimere in modo più allargato significati simbolici estensibili ai più. Niente di male, comunque, se la vicenda ha sufficiente respiro e la storia una adeguata articolazione; come davvero potremmo dire del film qui presentato, che, per essere stato da noi scoperto alla TV, ha costituito una gradita sorpresa.

In effetti, con questa storia, il regista americano sa "suonare" due registri diversi: quello del semplice racconto individuale (da cui il titolo orignale di "Frankie and Johnny"), e quello più ampio, di buon spessore psicologico, della paura e del senso di inadeguatezza di ogni essere umano, quando affronta l'amore o altre prove della vita. E, va detto, sa fare entrambe le cose con gusto e misura, miscelando dabbene le due componenti, sviluppandole entrambe in parallelo e separatamente.
Dunque la "parte racconto" è varia e articolata, con lo scontro-incontro dei due magnifici protagonisti, che dipanano man mano la difficile matassa della propria interiorità per arrivare a proporsi "a carte scoperte" al futuro partner della vita. Mentre altrettanta cura ed attenzione viene prestata ai personaggi di contorno, tutti interessanti e credibili; vivi e convincenti perché anche le loro storie lo sono, come risulta dalla recitazione e dai dialoghi di bella intelligenza.
E intorno alla storia d'amore del cuoco (professionalizzatosi in carcere), già separato con figli (abbandonati pragmaticamente, senza alcuna retorica sentimentalistica), e della cameriera (una meravigliosa Pfeiffer) choccata da precedenti rapporti con gli uomini, si muovono tantissimi personaggi di contorno non meno validi e stimolanti, scolpiti a tutto tondo nella loro semplicità di persone comuni, ma indubbiamente vere (grande recitazione per tutti... onore alla regia!).

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