mercoledì 14 giugno 2006

Recensione VIA DA LAS VEGAS

Recensione via da las vegas




Regia di Mike Figgis con Nicolas Cage, Elisabeth Shue, Julian Sands, Richard Lewis, Steven Weber, Carey Lowell, Kim Adams, Emily Procter, Stuart Regen, Valeria Golino

Recensione a cura di fidelio.78

M. Figgis, regista prolifico (già autore tra gli altri del buon "Affari sporchi"), qui anche sceneggiatore e autore delle musiche, realizza con questo film la sua opera migliore con uno stile visivo intenso e una storia struggente.
Il film è tratto dal romanzo dell'inglese John O'Brien che, come il personaggio del suo libro, da qualche tempo faceva abuso di alcol e si uccise a trentaquattro anni (lasciando due romanzi più uno incompiuto), appena due settimane dopo aver ceduto i diritti cinematografici del romanzo.
La storia, che potrebbe essere definita quindi quasi autobiografica, parla di Ben, sceneggiatore per un importante network, che dopo essere stato licenziato e aver ricevuto una sostanziosa buona uscita, decide di recarsi a Las Vegas, una città continuamente illuminata da neon le cui strade e i cui casinò brulicano di gente, per distruggersi con l'alcol.
Quali drammi bruciano nel turbato animo di Ben non è rivelato. S'intuisce una separazione dolorosa, ma neanche lui ormai sa più se ha iniziato a bere perché la moglie è andata via o se è andata via perché lui beveva.

Un film raro, perché definibile non-trama: il personaggio principale prende la sua decisione critica all'inizio del film essendo la stessa anche l'evento dinamico. Si configura così un film con un personaggio totalmente passivo. La difficoltà nello scrivere una sceneggiatura con un personaggio simile è enorme perché il rischio che si corre (e nel quale molti autori europei incorrono) è quello di annoiare tremendamente lo spettatore. Figgis trova invece le giuste progressioni senza appesantire la storia con boriose spiegazioni o con una tediosa voce fuoricampo. Il film è pervaso da una disperazione quasi palpabile e la mostra senza esorcizzarla.
Figgis gioca continuamente con i nostri sentimenti, illudendoci che il gioco allo sfascio finisca per grazia dell'angelo incontrato da Ben (la prostituta che s'innamora di lui).
La sottotrama di E. Shue fa da contrappunto al buio della trama principale. Lei si nutre del dolore dell'uomo, lo circonda d'affetto perché ha un disperato bisogno di amare qualcuno che al tempo stesso abbia bisogno di lei. La luce donata da questa sottotrama è destinata inevitabilmente a soccombere, e noi lo sappiamo.

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