venerdì 3 marzo 2006

Recensione AMADEUS DIRECTOR'S CUT

Recensione amadeus director's cut




Regia di Milos Forman con F. Murray Abraham, Tom Hulce, Elizabeth Berridge

Recensione a cura di Kater

Nel 1984 Milos Forman, regista cecoslovacco sbarcato in America, dirige "Amadeus" tratto da una pièce teatrale di Peter Shaffer (basata su un'idea di Puskin) che fa suoi 8 premi Oscar (tra cui miglior Film e miglior Regia) e il David di Donatello.
Nel 2002 viene presentato "Amadeus Director's Cut", arricchito di 20 minuti di musica mozartiana. Ma non era necessario. La musica era già protagonista insieme ad Antonio Salieri e W.A. Mozart. E' la musica, identificata come strumento e voce di Dio, come dono o oggetto di vendetta, come manifestazione di genio o mediocrità, ad attraversare incessante tutto il film. Ed è la musica che Salieri ama-odia, perché le composizioni geniali di Mozart lo mettono davanti alla propria povertà creativa.

Ormai alla fine della propria vita, rinchiuso in un manicomio dopo un tentativo di suicidio, l'anziano Salieri -ex musicista di corte a Vienna, presso l'imperatore Giuseppe II- racconta ad un prete cattolico il controverso rapporto con W.A. Mozart, morto diversi anni prima, e della cui morte si sente responsabile.
Avendo come unica grande ambizione comporre musica, il giovane Salieri si rivolge a Dio a cui fa voto di castità affinché venga esaudito questo suo desiderio e nella morte del padre, che lo ostacolava, gli sembra cogliere un indirizzo divino. Da quel momento Dio e la musica diventano gli unici scopi della sua vita fino a quando non verrà travolto da una nuova consapevolezza: quella della propria mediocrità.
A gettare questa luce-tenebra sulla sua vita è Mozart, ragazzetto irriverente e volgare, inadatto ad intrattenere relazioni sociali convenienti, ma capace di comporre musica come lui non è stato e non sarà mai in grado di fare. Salieri vede in Mozart la voce di Dio ed è con questo Dio iniquo nel distribuire i propri doni che si infuria e a cui giura vendetta.
Mozart diventa quindi l'incarnazione di un castigo che gli viene inflitto, quello della consapevolezza dei propri limiti artistici, a cui non si sa rassegnare. Da quel momento non avrà in mente che la distruzione del rivale, non tanto Mozart, quanto Dio stesso. Il fatto che le musiche di Amadeus accolgano tiepidi favori a Corte (nella quale l'unica arte di rilievo è quella della ruffianeria) è per lui solo di momentaneo sollievo; da musicista capisce il respiro immortale di quella musica e il genio è lì, manifesto, quasi senza pudore "in quelle partiture senza nemmeno una correzione".
Avere una soddisfazione "sociale" su Mozart, una persona forse sciocca, comunque estranea alle malizie della Corte, sarebbe troppo facile, quindi Salieri concepisce un piano crudele e vampiresco: agendo sul senso di colpa che Mozart nutre per la morte del padre si presenta alla sua porta mascherato e gli commissiona un requiem che, nella sua intenzione, verrà eseguito al funerale dello stesso Mozart e che egli si attribuirà passando con questo alla storia.

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