lunedì 20 marzo 2006

Recensione ORGOGLIO E PREGIUDIZIO

Recensione orgoglio e pregiudizio




Regia di Joe Wright con Keira Knightley, Matthew MacFadyen, Brenda Blethyn, Donald Sutherland, Tom Hollander, Rosamund Pike, Jena Malone, Judi Dench

Recensione a cura di peucezia

"Orgoglio e pregiudizio" (titolo originale Pride and Prejudice) è di sicuro il romanzo più conosciuto dell'opera omnia di Jane Austen, scrittrice inglese dell'Ottocento ultimamente abbastanza in auge sugli schermi (si ricordano negli ultimi dieci anni: "Ragione e Sentimento" con Hugh Grant e Emma Thompson e "Emma" con Gwyneth Paltrow).
I cultori del genere ricorderanno certamente l'adattamento BBC per il piccolo schermo con un non ancora celebre Colin Firth nel ruolo del protagonista e la versione bollywoodiana, pacchiana, ma vivace, uscita lo scorso Natale, mentre l'ultima versione cinematografica antecedente risale a tempi assai lontani, che conta su uno stuolo di interessanti caratteristi e come protagonisti principali ha Lawrence Olivier e la brava ma non più giovanissima Greer Garson.
La versione 2006 è affidata a un onesto artigiano, Joe Wright, regista con al suo attivo molti adattamenti televisivi mentre tra gli interpreti ci sono la giovane Keira Knightley ("Sognando Beckham", "La maledizione della prima luna"), Donald Sutherland, Brenda Blethyn ("L'erba di Grace", "Segreti e bugie") e, in un cameo, la celebrata Judy Dench.
Il regista sceglie di iniziare il film "entrando" nelle varie stanze di casa Bennet che si aprono una ad una allo spettatore e affida allo splendido paesaggio della campagna inglese, nonché alle maestose magioni, il ruolo di coprotagonisti.
L'azione è spostata dal primo Ottocento (epoca di pubblicazione del romanzo) alla fine del diciottesimo secolo, in piena epoca neoclassica, come attestano le statue ammirate dalla protagonista. Il regista attinge a piene mani nella storia dell'arte facendo atteggiare i suoi attori a guisa di soggetti di quadri del periodo preromantico, mentre molte scene ricordano le opere di alcuni tra i maggiori paesaggisti inglesi.

L'aver privilegiato l'immagine, la fotografia, alla parola e alla recitazione è (se vogliamo considerare positivamente la scelta del regista) la "forza" su cui punta il film. Lo spettatore rimane incantato dal verde dei prati, dalla forza della natura ma anche dal contrasto rappresentato dal buio delle stanze nelle ore serali, attenuato dalla fievole luce delle candele.
Questa oscurità pervade tutto il film e lo rende malinconico così come tutti i suoi protagonisti. Per chi ha visto la prima riduzione del romanzo della Austen sul grande schermo, fare un paragone nasce spontaneo: nel primo film l'ironia tipica della scrittrice inglese si tocca letteralmente con mano e gli interpreti, sia con la loro sola mimica, sia con la loro recitazione, riescono a rendere perfettamente il senso della storia; nella pellicola di Wright invece l'ironia manca completamente.
Mr Bennet, padre "schiacciato" dall'esuberanza delle cinque figlie e dalla prepotenza della consorte, nella nuova edizione del film appare come un personaggio minore, incolore e a tratti persino cattivo. Donald Sutherland è in sordina, non riesce a dare a papà Bennet la comunicativa del simpatico marito e padre rassegnato a farsi "dominare" dal suo piccolo plotone di donne mentre invece mrs Bennet (Brenda Blethyn), pur occupando molto la scena, non ha la stoffa della madre petulante, tutta presa dalla vitale necessità di accasare le sue figlie (il matrimonio all'epoca del romanzo era l'unica possibilità per una donna di garantirsi un futuro) per sembrare piuttosto una nevrastenica tutto sommato poco partecipe dei casi propri e delle sue "creature".

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