Recensione la terra
Recensione a cura di GiorgioVillosio
Che meraviglia... in un'Italia che premia a Sanremo una canzone da Zecchino d'oro, per un popolo di bambini mai cresciuti, trovare film zeppi di riferimenti culturali e collegamenti con la letteratura più nobile ed evoluta.
E sì, perché nel nuovo film di Rubini, "La Terra", citazioni ed affinità col romanzo classico si sprecano, invitando a precise riflessioni critiche: fino a dove può spingersi il riferimento senza perdere in originalità? E' d'obbligo citare le fonti, o possiamo esimerci? L'ispirarsi ad opere precedenti è sempre conscio, o può essere dovuto a procedimenti intimi reconditi?
E' più onesto rifarsi al pensiero poetico dei grandi autori del passato, e di lì ricercare una propria via autonoma, o puntare all'originalità del risultato a tutti i costi, col rischio di decantare... il verso dei piccioni?
Personalmente prediligo la prima via, comunque segno di raffinatezza intellettuale e di profondità di pensiero, a garanzia di un "incontro" con l'autore comunque felice.
Dunque, nel presentare l'ultimo film del bravissimo Rubini, partirei proprio col citare le radici letterarie che ci vedo: un certo "verismo" verghiano, per l'importanza primaria data alla terra e al denaro dai personaggi e dall'ambiente, un tocco di "recherche" proustiana, nelle rievocazione del passato di chi ritorna al paese dopo tanti anni, e, per finire una storia di fratelli, guarda caso quattro, come nel "Rocco" di Visconti, ma, ancor più , come nei famosi Karamazov di Dostojevski.
Come già in questo romanzo, le personalità dei fratelli del film di Rubini delineano simbolicamente precise tipologie dell'umano: il sognatore utopista spirituale, il lucido pensatore disincantato, l'avido affarista legato al denaro, e l'individuo più animale ed istintivo, crapulone, bevitore e assetato di sesso. Con sviluppi evidentemente diversi che restituiscono al film le sue caratteristiche di originalità.
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