Recensione solaris (1972)
Recensione a cura di Antonio Cocco
"La risposta russa a 2001 Odissea nello spazio": è questo lo slogan, ingiusto e fuorviante, con cui la versione italiana di "Solaris" veniva presenta al grande pubblico.
Il grande maestro russo ci regala un'opera dall'altissimo valore allegorico, in cui l'elemento fantascientifico è davvero marginale rispetto alla profonda indagine introspettiva che coinvolge in prima battuta il protagonista e in seguito il pubblico... più che di fantascienza, Tarkovskij parlerebbe di fantacoscienza.
All'origine della sceneggiatura del film di Tarkovskij vi è l'omonimo romanzo dello scrittore polacco Stanislaw Lem, pubblicato alla fine degli anni sessanta con evidenti fini politici, anche se sotto forma di metafora.
Il tema centrale di Solaris è il problema etico e morale della conoscenza umana e dei limiti che l'uomo deve darle, che Tarkovskij incentra sull'incontro dell'uomo con l'ignoto, con una conoscenza del tutto estranea alle regole terrene, mettendo in evidenza come l'assoluta impreparazione psicologica porti l'uomo a demolire tutte le sue certezze e lo obblighi ad una profonda indagine introspettiva, le cui conseguenze potrebbero anche essere estreme.
Quale posto migliore per indagare il proprio Io, se non una sperduta stazione orbitante, lontana dalle regole terrestri, dove gli uomini sono obbligati a scoprire se stessi?
Lo splendido preludio corale di Bach ci introduce alle vicende del film.
Dopo strani fenomeni registrati nella stazione orbitante intorno al pianeta Solaris, lo psichiatra Kris Kelvin (Donatas Banionis) viene inviato dal governo sovietico per fare luce sugli strani comportamenti dell'equipaggio, che senza alcuna spiegazione plausibile ha interrotto i contatti con la Terra.
A convincere definitivamente Kris a partire è il messaggio di soccorso che gli arriva direttamente dal suo amico Gibarjan, comandante della spedizione esplorativa di Solaris.
Kris trascorre la sua ultima giornata terrestre nella abitazione paterna, dove comunica all'anziano genitore la sua imminente partenza verso la stazione orbitante illustrandone i motivi; il padre non sembra per niente convinto della missione e discute animatamente con il figlio, dando vita al dialogo che è poi la dichiarazione di intenti di Tarkovskij per tutto il film: per Kris Kelvin il fine della missione è dare limiti alla conoscenza umana, mentre il giudizioso genitore asserisce: "(...)la conoscenza è morale, ci riteniamo onnipotenti, ma a volte siamo incapaci di distinguere ciò che è morale da ciò che non lo è ".
La secca risposta di Kris è che: "(...) è l'uomo a rendere la conoscenza morale o meno"!
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