mercoledì 15 marzo 2006

Recensione WOLF CREEK

Recensione wolf creek




Regia di Greg McLean con Cassandra Magrath, Kestie Morassi, Nathan Phillips, John Jarratt, Andy McPhee

Recensione a cura di cash (voto: 8,0)

La situazione è questa: in oriente si sfornano degli ottimi horror, davvero eccellenti, che hanno il solo effetto collaterale di far ridere come ossessi i nostri ragazzi al cinema, non appena scoprono con immenso stupore che il protagonista si chiama Katsura (che con le sue belle consonanze evoca di solito la parte del corpo con cui si tende a giudicare tali fenomeni).
Poi c'è l'America, che ostenta con orgoglio i suoi horror-thriller-chiamateli-come-volete che stanno lì a dimostrarci il grado di lobotomizzazione a cui è giunto il popolo dei blockbuster. Infine c'è l'Europa, ma forse è meglio che l'Europa continui ad appellarsi alla sua grande tradizione di cinema d'autore e sforni di tanto in tanto qualche Argento, giusto per tener su il catalogo, e capirai con quale onore.
E ora se ne esce l'australia con "Wolf Creek", un gioiellino davvero inatteso che piuttosto di inseguire i fasti del cinema americano odierno si riallaccia alla succulenta tradizione dei '70s.

Certo, l'impianto strutturale è quello di Tobe Hooper; da "Non aprite quella porta" lo stereotipo è ormai tracciato, ma una cosa è riprendere lo schemino e cambiare nomi ai personaggi ("Wrong turn"), una cosa è infondere al film una propria personalità, cercando di distinguersi in regia e magari facendo affidamento ad attori che proprio scarpe non siano.
Greg McLean prende un soggetto suo, che sa benissimo esser tutto fuorchè originale, ma essendo dotato evidentemente di una certa dose di saggezza e di personalità evita i grossolani errori dei suoi predecessori. Non solo: la suggestione di certi luoghi è davvero invidiabile, e contribuisce a dare al film un'aura naturalistica che ben si sposa al clima selvaggio che vivremo per circa due terzi della durata del film. Impossibile non farsi venire in mente il primo Weir; del resto da quelle parti lo stridere fra civiltà e natura è da sempre particolarmente sentito (e grazie, con tutto quel deserto uno la croce se la fa...).

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