Recensione il bacio dell'assassino
Recensione a cura di Giordano Biagio
Secondo lungometraggio per Kubrick che firma anche il soggetto originale, la sceneggiatura, la fotografia, il montaggio e la produzione. Realizzato nel 1955 in 20 giorni per 75.000 dollari.
Kubrick rielabora sapientemente alcuni codici tipici del genere noir preannunciando quella che sarà la funzione artistica più significativa della sua storia di grande cineasta: potenziare il sistema dei generi Hollywoodiani dandogli nuove forme linguistiche e assemblaggi intercomunicativi di rilievo. Kubrick lascia il segno in quella che è da sempre una delle sfide storiche del cinema: portare la filmitudine del film, cioè la sua capacità di designare se stesso (attraverso la sintassi e la morfologia linguistica iconica), a livelli più elevati; ciò al fine di dare maggiore spessore comunicativo e scorrevolezza narrativa al racconto filmico. Kubrick gioca questa partita nel campo delle enunciazioni impersonali o luoghi filmici (Christian Metz) dando un contributo tecnico vincente perché costituito da teoremi visivi nuovi in grado di tradurre sempre meglio i pensieri in immagini.
Questo film consente autorevolmente al pubblico di fare esperienza con il talento straordinario di Kubrick. Talento che si precisa e si riconosce nella capacità del regista di rappresentare una storia senza mai sfilacciarne la corda narrativa. Questione anche di studio e di lavoro (20 ore al giorno) nonché di idee puntualmente chiare sugli obiettivi da raggiungere: quale l'andare oltre l'inventato avvalendosi della forza-risorsa che il confronto incessante con i limiti linguistici dei film del passato gli dava.
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