mercoledì 13 settembre 2006

Recensione BETTY

Recensione betty




Regia di Claude Chabrol con Yves Lambrecht, Jean-François Garreaud, Stéphane Audran

Recensione a cura di Giordano Biagio

Claude Chabrol, regista, critico, produttore cinematografico, tra i primi autori di rilievo della Nouvelle vague con "La beau Serge, ci regala con questo film un'altra opera degna delle migliori riflessioni cinematografiche.
La pellicola ha risvolti psicanalitici, filosofici, letterari in sintonia con lo stile del miglior Chabrol.
Il film si sofferma sulla crisi di una famiglia borghese della provincia di Parigi. Le riprese un po' semplificate, come nei telefilm, ma eleganti nella ricerca dei particolari, danno una fotografia delle ambientazioni luminosa e particolarmente curata. Gli interni sono girati prevalentemente in una suite e in un ristorante di periferia molto accogliente. Quest'ultimo diventa subito protagonista del film, è un luogo familiare dove le persone trovano facilmente ascolto ai loro problemi.

Betty è una donna in crisi, alcolizzata e adultera, ha notevoli problemi con la propria famiglia. Vive un grave conflitto con la suocera, molto logorante e sempre sul punto di degenerare in una rottura. Quest'ultima gli riconosce il ruolo di madre ma gli nega ogni altra identità femminile.
Da bambina, durante un soggiorno nella casa della zia, assiste per caso in cantina, stupita e spaventata, ad un rapporto erotico tra lo zio e la sua inserviente. Scoperta dallo zio, che le raccomanda minacciosamente di non parlare, fugge spaventata. La bambina vivrà ossessionata da quanto visto. Ha interpretato quell'atto come una forma di violenza verso le donne.
Betty crescerà immaginando l'atto sessuale come un rapporto privo di piacere, un'aggressione psicologica e corporea di mero sacrificio della donna, un rituale funzionale alla soddisfazione di una parte dell'universo sensuale maschile. La vita sessuale della donna resterà acerba, Betty diventerà adulta portandosi dietro il timore di non saper vivere fino in fondo i suoi rapporti con gli uomini. Arriverà a un fatidico punto di non ritorno, dopo il quale cesserà di sperare in un riconoscimento e in un'accettazione da parte degli uomini per quello che effettivamente è.
Le sue relazioni sessuali diventeranno sempre più fugaci e frequenti, spesso complicate da una verbosità nevrotica.
Betty non riuscirà più ad instaurare rapporti solidi con le persone. Le mancherà sempre l'amore inteso come sentimento vitale che porta ad un riconoscimento e ad un apprezzamento delle diversità caratteriali e esistenziali. La donna non prenderà mai sul serio l'idea di innamorarsi fino in fondo di qualcuno, pensa che se ciò accadesse sarebbe sempre respinta perché incompresa. Rimane convinta che non gli sia concesso, dal suo precario statuto sociale di donna, coltivare un proprio desiderio sessuale. Sente inesorabilmente calpestato il suo diritto di vivere una sua specifica sensualità femminile: quella caratterizzata da forme e stili unici, originali, particolari perché suoi.
Un giorno Betty, viene scoperta dal marito in flagranza d'adulterio e costretta dalla suocera ad andarsene di casa. Successivamente le verrà imposto perentoriamente di abbandonare anche i figli. La protagonista è così obbligata a firmare un vergognoso atto notarile in cui dichiara che lei è l'unica colpevole di quanto non andava bene nella propria famiglia. La crisi familiare viene addebitata ai suoi atti trasgressivi: ritenuti immorali perché privi di ogni pudore. Verrà definitivamente liquidata con un congruo assegno.

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