venerdì 29 settembre 2006

Recensione L'ULTIMA ONDA

Recensione l'ultima onda




Regia di Peter Weir con Richard Chamberlain, Olivia Hammett, David Gulpilil, Frederick Parlsow, Nndijwarra Amagula, Walter Amagula, Vivean Gray, Malcolm Robertson

Recensione a cura di cash (voto: 10,0)

C'è un qualcosa di sublime nello scoprire che un noto regista che si tende ad adorare per taluni capolavori abbia, nei primordi della sua carriera, partorito gemme di valore ancora più grande rispetto ai film che normalmente qualificano il regista in esame come superbo. Ancor più sublime quando il soggetto in questione è l'australiano Peter Weir, assurto alla fama mondiale con film dal calibro di "Witness", "The Truman show" e "L'attimo fuggente".
Ma se fossimo capaci di celare per un sol momento il Weir gran mattatore di pubblico e fagocitatore di oscar, scopriremmo il Weir nudo, animato da una forza comunicativa di raro spessore, selvaggio come il suo cinema delle origini, sincero e profetico come non lo sarà più. Del resto il fuoco che arde maggiormente brucia più in fretta, forgiando con insolita vitalità due film tenuti insieme da un'aura mistica, sacrale.

I due film sono "Picnic ad Hangin Rock" e "L'ultima onda", due modi diversi per affrontare la medesima enunciazione e idealmente un'unica opera. Il tratto caratteristico di un Autore, ciò che lo distingue da un semplice regista, è giustappunto la presenza di un tema che anima e nutre le sue pellicole; e Weir sta al naturalismo come Miyazaki sta all'ecologismo. O perlomeno stava, perché il "grado zero" del cinema del valente australiano sta completamente in quei due film. Il resto è tuttalpiù, una nutrita salva di pellicole per compiacere più gli altri che non sè stessi; fatti i capolavori che mettono il proprio animo in pace, di solito si pensa a quello degli altri. Perché solo l'amore nei confronti della sincerità che un autore prova verso la propria idea può dar vita all'afflato plasmante un capolavoro che resisterà all'erosione che la memoria attiva. Le opere, anzi, i film insinceri saranno puniti con l'oblio.
"L'ultima onda", classe '77, sopravvivrà finché si avrà memoria di un cinema "alto", non banale, non scontato. E' purtroppo un raro caso che il medio avventore di videoteche possa conoscere questo film, anche a causa della pessima distribuzione che ha sempre avuto in suolo italico. Ma, per fortuna, la storia del cinema è costellata e composta principalmente da opere ignote ai più. Sussiste quindi la condizione per il capolavoro, ovvero la semiclandestinità; "L'ultima onda" è infatti un film che sprona all'intimità, e fa desiderare allo spettatore di rientrare nella ristretta élite che lo conosce, lo ha visionato, ed è stato in grado di apprezzarlo. Certe cose non si condividono.

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