giovedì 21 settembre 2006

Recensione LO SGUARDO DI ULISSE

Recensione lo sguardo di ulisse




Regia di Theo Angelopoulos con Harvey Keitel, Maia Morgenstern, Erland Josephson

Recensione a cura di Giordano Biagio

Questo film è un capolavoro poetico e letterario, ma non del tutto riconosciuto dalla critica e dal pubblico. Uscito nel 1995 a ridosso della spaventosa guerra nei Balcani "Lo sguardo di Ulisse" ha suscitato commozione e riconoscimenti critici importanti ma inspiegabilmente ristretti.
La pellicola si cala nelle profondità più sensibili della memoria, in quella parte dell'inconscio che racchiude sentimenti significativi della storia, antichi investimenti che imprigionano il linguaggio di un tempo.
Zone d'ombra che accompagnano con crudele fedeltà l'intercalare della vita e sono una perenne testimonianza di amori e odi velati dal pietoso potere del tempo.
E' il ritorno del ricordo, inaspettato e straniante. Qualcosa che racchiude una passione divenuta misteriosa e che proprio perciò viene reinterpretata, quasi nostro malgrado, per la necessità di dargli un senso nuovo, nel mentre ci si allontana da lei per fuggire al dolore che provoca.

Nel lancio distributivo la pellicola non ha avuto alcun aiuto, è stata incredibilmente sottovalutata dall'industria della scrittura cinematografica di tutto il mondo, probabilmente perché il film trattava il tema della nostalgia dell'emigrato che mal si presta allo spettacolo commerciale. E' come se l'arte pura che questo film incarna a pieno titolo non potesse avere accesso ad una normale pubblicità, parallela a quella sostenuta dal produttore.
Triste ma vero.
Il cinema inteso come arte, e non come spettacolo che crea emotività, non può ancora avere pari diritti pubblicitari con il film commerciale. Ciò accade In particolare nella promozione editoriale che precede l'uscita delle pellicole nelle sale.
Angelopoulos punta tutto sull'emozione che la guerra dei Balcani ha suscitato nel mondo e in particolare sugli esuli di quei paesi sparsi nei vari continenti. Lo fa curando estremamente la sincerità autobiografica che permea tutta la sua opera; essa favorisce negli spettatori proiezioni e identificazioni di grande avvolgimento partecipativo.
Il film è originale per stile e linguaggio visivo. Il regista rifiuta nella realizzazione sia soluzioni di spettacolo che un ripercorrimento scenico a ritroso su orme linguistiche già conosciute e percorse nello stesso genere. Angeloupolos segue fino in fondo, evitando compromessi di botteghino, una propria ispirazione artistica.

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