martedì 18 settembre 2007

Recensione BARTON FINK

Recensione barton fink




Regia di Joel Coen, Ethan Coen con John Turturro, John Goodman, Judy Davis, Michael Lerner, John Mahoney, Tony Shalhoub, Jon Polito, Steve Buscemi

Recensione a cura di Andre85 (voto: 9,5)

Perplessità... questo è quello che si prova appena finito il film, un senso di incompiutezza, di fatti il quarto film dei Coen - divisi uno alla regia e l'altro alla produzione, ma creatori pari merito dei loro film - ha da sempre diviso la critica: chi ne elogia la perfetta tecnica da una parte, chi ne denuncia la mancata riuscita dall'altra.

La prima parte del film è chiarissima e scorre via a meraviglia, Barton Fink giovane scrittore di teatro della NY anni '40, dopo un clamoroso successo a Brodway viene convinto ad andare a Hollywood per "fare quattrini", un passaggio molto comune per grandi artisti e intellettuali (forse anche per gli stessi Coen), vendendo il proprio talento.
Proprio il talento dei Coen fa si che una storia che in mano a qualsiasi altro regista sarebbe rimasta piatta e lineare si trasformi in un vortice sublime e grottesco.
Il punto X, quello della svolta è da inserire appena Barton si trasferisce e accetta il nuovo incarico, raffigurato con una potente onda che si frantuma su uno scoglio. Il protagonista viene catapultato in un hotel fatiscente in cui dovrà vivere e lavorare.
Immaginiamo che l'hotel Earle sia un limbo, o ancora peggio l'anticamera dell'inferno, in cui a Barton viene dato l'onore di vivere per un certo periodo, alla reception infatti Buscemi entra in scena da una botola... lo sguardo vispo e un po' matto dell'ottimo caratterista riflette l'atmosfera surreale della hall e ricorda uno spiritoso diavoletto, che chiede in maniera insistente a Barton se deve alloggiare per un breve o lungo periodo (limbo o morte), paragone che viene valorizzato anche quando viene inquadrato il blocnotes dell'hotel in cui c'è scritto a day or a lifetime, Barton, che è una persona colta ma sempre sulle nuvole, viene condotto nella sua stanza prendendo un ascensore guidato da un vecchio, più morto che vivo, una sorta di Caronte traghettatore.

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