Recensione la passione di giovanna d'arco
Recensione a cura di amterme63 (voto: 10,0)
"Le ho detto e glielo ripeto ancora una volta. Io ho intenzione di girare un film che si potrà citare come un film modello"
Se i dirigenti della Société Général des Films avessero saputo di che pasta fosse fatto il 38enne regista danese Carl Theodor Dreyer, non gli avrebbero mai affidato nel 1927 la direzione del film su Giovanna d'Arco. La loro ambizione era quella di fare concorrenza a Hollywood, producendo kolossal storici; oltre al film su Giovanna d'Arco, ne avevano finanziato uno su Napoleone affidato al famoso regista francese Abel Gance. Gance creò un'opera monumentale della durata di diverse ore e che veniva proiettata su tre schermi in contemporanea: "troppo" kolossal per avere successo.
Dreyer invece, nonostante l'astronomica cifra di 9 milioni di franchi spesi per le riprese, presentò nell'ottobre del 1928 un film scarno, concentrato, poverissimo di azione, fatto in pratica solo di primi piani. Il pubblico rimase quasi sconcertato dall'insolito stile e ne decretò l'insuccesso commerciale. Il regista danese aveva però raggiunto il suo scopo: era riuscito a creare un'opera che sarebbe servita come punto di riferimento per il futuro, e che rappresenta forse il limite estremo a cui è giunto il cinema per esprimere i sentimenti interiori senza usare le parole.
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