martedì 18 settembre 2007

Recensione L'ULTIMA LEGIONE

Recensione l'ultima legione




Regia di Doug Lefler con Ralf Moeller, Aishwarya Rai, Colin Firth, Ben Kingsley, Thomas Sangster, Peter Mullan, John Hannah, James Cosmo

Recensione a cura di frine

La mancata realizzazione dell'attesissimo kolossal "Aléxandros" -per il quale la De Laurentiis Productions aveva a suo tempo contattato nientemeno che Baz Luhrmann come regista, nonché Leonardo DiCaprio e Nicole Kidman come attori protagonisti- ha costituito una grave delusione per i cinefili appassionati di storia antica e in particolare per gli estimatori di Valerio Massimo Manfredi, autore del fortunatissimo bestseller su cui il film si sarebbe dovuto basare. Oggi, la casa di produzione tenta di farsi perdonare lanciando la trasposizione cinematografica di un altro apprezzato romanzo storico dello scrittore e archeologo modenese, "L'ultima legione" (Mondadori 2002).
Diciamo subito che, rispetto al respiro epico e alla profondità di analisi storico-antiquaria del libro, il film si presenta come un prodotto realizzato in tono minore, per la regia piuttosto anonima di Doug Lefler ("Hercules e il cerchio di fuoco" [1994], "Dragonheart 2: il destino di un cavaliere" [2000]) e con un cast nel complesso poco convincente, incluso il protagonista Colin Firth (Aurelio Ambrosio); perfino il 'mostro sacro' Ben Kingsley (qui nella parte di Meridio Ambrosino) dà l'impressione di non prendersi troppo sul serio, limitandosi a caratterizzare il proprio personaggio con simpatica (e inopinatamente acrobatica) disinvoltura.

La vicenda è ambientata all'epoca della caduta dell'impero romano di Occidente (476 d. C.). A Ravenna, il nobile Oreste ha collocato sul soglio imperiale il proprio protegé (e figlio naturale) Romolo Augusto, appena tredicenne. Ma le orde dei Goti, guidate dal feroce e ambizioso Odoacre, irrompono nella pianura padana e occupano la capitale, dove, nonostante i prodigi di valore del legionario Aurelio Ambrosio, i genitori di Romolo Augusto vengono barbaramente assassinati e il fanciullo fatto prigioniero assieme al proprio precettore, il carismatico e misterioso Meridio Ambrosino.
In attesa di ottenere l'appoggio di Zenone, imperatore d'Oriente, Odoacre fa relegare Romolo Augusto e Meridio Ambrosino nel palazzo di Tiberio a Capri. Ma Aurelio e alcuni suoi compagni d'armi si recano sull'isola per liberare l'imperatore, che nel frattempo è entrato in possesso dell'antica spada di Cesare, denominata "Ensis Caliburnus" e destinata ad avere un ruolo determinante nel finale. La rocambolesca impresa ha successo, grazie anche all'aiuto della bella Mira, una guerriera al servizio di Zenone, il quale nel frattempo ha tradito la causa ratificando le pretese di Odoacre.
Spinta dal proprio innato senso di giustizia, ma anche dall'amore per Aurelio, Mira (che nel film prende il posto della nobile romana Livia Prisca, conosciuta da Aurelio a Ravenna) si aggrega ai fuggiaschi in un avventuroso viaggio che, attraverso le Alpi e la Gallia, si concluderà con lo sbarco sul suolo della Britannia. Qui apprendiamo che proprio la Britannia è la patria di Meridio Ambrosino, la cui vera identità a poco a poco si delinea più chiaramente. Dopo altre peripezie, dovute soprattutto alla presenza degli Angli e dei Sassoni che minacciano la popolazione romano-britannica, ha luogo la battaglia decisiva che vede l'"ultima legione" romana, la legione del drago, impegnata in un sanguinoso combattimento con i barbari invasori, sino allo spettacolare (e per molti sorprendente) finale.

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