Recensione il mai nato
Recensione a cura di Anna Maria Pelella
Casey Bell ha delle strane visioni in cui un bambino che non conosce le appare di continuo. Un giorno, in seguito ad un accertamento agli occhi scopre di esser stata concepita insieme ad un gemello, che però non ha superato la gravidanza.
Frugando tra le vecchie carte di sua madre, morta suicida anni addietro, trova una foto che ritrae una donna a lei sconosciuta. Decide così di indagare sul legame tra la sconosciuta e sua madre, sperando che questo possa esser connesso agli incubi che la affliggono.
Spesso gli sceneggiatori americani, probabilmente per mancanza di materia prima, si dilettano nel pasticciare con mitologie di culture diverse dalla loro, culture che hanno millenni di storia antecedente alla cacciata degli indiani, veri indigeni degli attuali Stati Uniti.
Accantonati momentaneamente i remake asiatici, con relativo stupro culturale, in questo caso ci si è dedicati ai miti ebraici, con un semplicismo e una mancanza di originalità avvilenti.
Immaginate di mettere in un frullatore i seguenti elementi: una famiglia ebrea sfuggita ai campi di sterminio per finire tristemente in una sceneggiatura accroccata, il mito ebraico del Dybbuk, un libro antico con suggestive illustrazioni scritto in ebraico, il solito bambino fantasma brutto come pochi, la spider walk, ormai nota solo a chi ha visto "L'Esorcista" in versione integrale, una maledizione e il finale più prevedibile della storia degli horror. Tutto condito con scricchiolii, specchi rotti e protagonista con gli occhioni spalancati dalla paura per quello che può uscire dall'armadietto del bagno di casa.
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