martedì 17 febbraio 2009

Recensione KATYN

Recensione katyn




Regia di Andrzej Wajda con Andrzej Chyra, Maja Ostaszewska, Artur Zmijewski, Danuta Stenka, Jan Englert, Pawel Malaszynski, Magdalena Cielecka, Agnieszka Glinska, Maja Komorowska, Wladyslaw Kowalski, Antoni Pawlicki, Agnieszka Kawiorska, Sergei Garmash, Krzysztof Kolberger, Wiktoria Gasiewska, Joachim Paul Assböck, Stanislawa Celinska, Alicja Dabrowska, Krzysztof Globisz, Oleg Drach, Oleg Savkin

Recensione a cura di Francesca Caruso

Il regista e sceneggiatore Andrzej Wajda è uno dei principali esponenti del cinema polacco, insignito nel 2000 dell'Oscar alla Carriera per "cinque decadi di straordinarie regie". Il film è dedicato alla memoria del padre, capitano polacco vittima della strage di Katyn, e della madre ingannata. Il 17 settembre 1939 la Germania invade la Polonia; migliaia di cittadini polacchi fuggono dalla frontiera occidentale per rifugiarsi nelle regioni orientali, ma scoprono che anche i russi sono entrati nel paese e si ritrovano stretti in una morsa. Tutti i militari della zona sono fatti prigionieri, e tra questi Andrzej, capitano dell'8° reggimento dell'esercito, e Jerzy, un suo subalterno. Anna, la moglie del capitano, lo raggiunge nella zona dove sono stati raccolti prima di essere trasportati altrove, scongiurandolo di tornare a casa con lei e la loro bambina e togliersi la divisa, ma Andrzej ha giurato fedeltà a quella divisa e non può seguire la sua famiglia.
Il capitano decide di annotare su un taccuino tutto quello che accade intorno a lui giorno per giorno. Dopo alcuni mesi, Anna e la figlia, con l'aiuto di un ufficiale dell'Armata Rossa, riesce a tornare a Cracovia e si rifugia dalla madre di suo marito, anche il suocero Jan, professore universitario, con gli altri colleghi, è stato deportato. Le due donne aspettano i loro mariti, con fiducia e ostinazione. Un giorno il taccuino di Andrzej, recapitatole a casa grazie all'intervento di Jerzy, metterà pace nel cuore in attesa di Anna.

"Katyn" è la storia dei 15.000 soldati polacchi, dei quali circa 8.400 ufficiali, trucidati e seppelliti in fosse comuni nella foresta di Katyn dalla NKVD (la polizia politica di Stalin). Stalin in persona firmò il 5 marzo 1940 l'autorizzazione a uccidere i prigionieri di guerra polacchi, una strage perpetrata per annientare la futura classe dirigente.
Dopo la scoperta delle fosse comuni nel 1943 da parte dei Tedeschi, i sovietici negarono il loro coinvolgimento, accusando gli stessi Tedeschi. Per molto, troppo tempo i sovietici rinnegarono e cercarono di occultare le loro responsabilità.
Il 13 aprile 1990 Gorbaciov, durante l'incontro con il presidente polacco Jaruzelski, ammise la colpevolezza sovietica.

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