venerdì 20 febbraio 2009

Recensione ALI'

Recensione ali'




Regia di Michael Mann con Will Smith, Jamie Foxx, Jon Voight, Mario Van Peebles, Ron Silver

Recensione a cura di Giordano Biagio (voto: 7,0)

Questo indimenticabile film di Micheal Mann, uscito nel 2001 in USA, è stato molto celebrato dalla critica cinematografica occidentale e osannato dai fan più accesi di Cassius Clay ma non ha avuto il successo di pubblico che forse meritava, deludendo gran parte delle aspettative dei produttori e dello stesso regista.
Costato più di 200 miliardi di lire è stato girato tra gli Stati Uniti e lo stato africano dello Zambia, a Kinshasa, in un arco di tempo piuttosto lungo della durata di circa due anni che ha permesso una cura tecnica e ideativa di grande efficacia. Il film è indubbiamente apprezzabile anche per il rigore biografico su Cassius Clay, per alcuni tratti trascritto in stile documentario, e per la fotografia a volte veramente straordinaria, ricca di inquadrature che destano stupore e in cui sono racchiuse immagini esteticamente sempre ben studiate, capaci di inserirsi armoniosamente nell'atmosfera narrativa voluta dalla sceneggiatura. Una fotografia che ha contribuito - insieme a una musica puntualissima nel rafforzare con le sue intonazioni drammatiche i momenti più salienti del film - alla creazione di un ambiente filmico suggestivo e incantevole, forse raro in un film sportivo, capace di moltiplicare le trepidazioni dei momenti più caldi della narrazione.
Una ripresa fotografica indubbiamente sempre di alto livello qualitativo, ricca di soggetti sociali veri, autentici, che hanno fatto risuonare con le immagini-documento le parti più significative della vita africana di Kinshasa.

"Alì" è un film di qualità anche per come l'autore ha costruito la sceneggiatura, basata su riferimenti storici e culturali precisi che hanno consentito di edificare un profilo realistico e di forte spessore psicologico del campione nero, trasmettendo un immagine di Cassius Clay lontana dal rumore del mito popolare e congiunta a un contesto storico e politico formulato con chiarezza, nonostante le difficoltà a comporlo per immagini a causa della sua non facile interpretazione.
Un contesto storico drammaticamente problematico, in cui Mann si sofferma con una attenzione quasi maniacale sulle mancanze etiche più specifiche del sociale americano, quello interclassista e interrazziale, da sempre misteriosamente intessuto di potere politico e clientele elettorali legate al ceto più debole situato nelle fasce della popolazione emarginata. Mann ne rivisita per l'occasione, in modo crudo, tutte le sue più numerose sfaccettature e contraddizioni, trattenendosi in quei punti più prossimi al dramma.
Nonostante le iniezioni di un realismo letterario sobrio, scarno, privo di effetti sofisticati o ricercati, Mann è riuscito a fare dello spettacolo tipicamente cinematografico forse senza mai ricercarlo del tutto, semplicemente mantenendosi fedele al personaggio protagonista del film così come esso appariva allora direttamente al pubblico negli stadi o attraverso i media televisivi, nulla aggiungendo o togliendo ma continuamente interpretando o intuendo qualcosa di Alì che si affacciava tra le pieghe di un'esistenza gloriosa ma sofferta, a volte pasticciata, a tratti annebbiata da crisi depressive, e formulando le proprie idee analitiche per ipotesi senza mai trascendere in affermazioni categoriche o univoche, cercando costantemente di presentare il suo pensiero in uno stile geometrico, rigoroso, fatto di deduzioni logiche meditate con cura, capaci di illuminare quanto, all'epoca, alla maggior parte delle persone risultava oscuro nella biografia privata e pubblica del campione nero.
Il film non trascura la parte più psicologica del campione, soffermandosi nei suoi registri consci e inconsci maggiormente tormentati e significativi.
Cassiu Clay (Muhammed Alì) appare nel film come un pugile nero molto discusso, un leggendario personaggio dai modi mistici e polemici, inquieto e passionale, rude, a volte ieratico e grave nel suo difficile compito di risollevare con i meriti sportivi la troppo contenuta spiritualità dei neri musulmani d'America, spesso depressi e apatici nel richiedere, nelle opportune sedi istituzionali, il rispetto dei propri diritti da tempo acquisiti sulla carta.

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