Recensione nymph
Recensione a cura di Nicola Picchi
Nop e May sono una coppia sposata, il cui matrimonio si trascina senza grandi entusiasmi: lui è sempre più abulico e chiuso in se stesso, mentre May intreccia una relazione extraconiugale con Korn.
Un giorno la coppia decide di trascorrere alcuni giorni accampandosi nella giungla, per permettere a Nop, fotografo professionista, di scattare alcune foto naturalistiche. Una notte Nop scompare, e a May non resta che avvertire la polizia e ritornare a Bangkok.
Dopo alcuni giorni l'uomo torna a casa comportandosi in modo strano, ma forse è solo il senso di colpa di May e Nop non si è mai mosso da quella foresta.
Un piano sequenza di otto minuti definisce le coordinate dell'ultimo Pen-ek Ratanaruang, un piano sequenza ingannevole che nasconde al suo interno un'ellissi temporale: in una foresta due uomini stuprano una donna e dopo alcuni, ipnotici minuti di contorsioni della steadycam, i medesimi aggressori vengono mostrati, ormai cadaveri, mentre galleggiano in un fiume. Questo prologo segna l'inizio di "Nymph", l'opera forse più ermetica, irrisolta e indecifrabile del regista thailandese.
Un'apparente incursione nel fantastico puro, che nasconde in filigrana una melanconica riflessione sui rapporti interpersonali e sull'infedeltà, analoga a quella del precedente "Ploy". La cifra stilistica e' la stessa: un felpato onirismo in cui sogno e realtà si fondono l'uno dentro l'altra, e in cui il linguaggio viene piegato a minimi, impercettibili spostamenti di senso.
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