Recensione blow up
Recensione a cura di emans (voto: 9,0)
Questo stupendo film ci fa passare una giornata in compagnia di un fotografo, David Hemmings (lo stesso di "Profondo Rosso") che all'epoca era semi-sconosciuto. Da un'alba all'insegna della REALTA' (il dormitorio da cui il protagonista, camuffato da barbone, esce tra coloro che ha ripreso di nascosto) all'alba successiva di REALTA' VIRTUALE (la partita di tennis mimata senza palla e senza racchette da un gruppo di hippies).
Nel mezzo di questa giornata si racconta di varie figure umane (alcune molto strane) di oggetti particolari (l'elica di un aereo) nella bella Londra del 1966. Per il nostro fotografo tutto è a portata di mano: sesso, droghe leggere ma giustamente un suo amico scrittore dice "anche lui è libero?" indicando al fotografo un primo piano angoscioso scattato al dormitorio. In effetti tutta questa libertà produce sazietà e, con essa, una voglia seppur nascosta di evadere.
"Blow up" in linguaggio fotografico significa "ingrandimento" ed è proprio grazie a questi ingrandimenti che il film entra nel vivo con sequenze piene di mistero e suspense. Per caso il protagonista osserva e fotografa una coppia nel parco che si scambia effusioni. Ma gli occhi del fotografo e il cannoncino del suo teleobbiettivo hanno risucchiato come ventose un frammento di vita che nasconde più di un enigma. Lo sviluppo, e soprattutto l'ingrandimento e la scomposizione, rivelano una realtà diversa dall'apparenza. E' qui che i due occhi si dividono, quello meccanico e quello umano che rispetto al primo può andare oltre.
Oltre la realtà visibile ce n'è un'altra nascosta. Si... ma quale? Perché prima il protagonista pensa di aver scongiurato un omicidio e questa cosa lo gratifica tanto da parlarne subito con qualcuno (quanti di noi hanno sognato di essere almeno per un giorno un super eroe con conseguenti super poteri?), poi scopre che il delitto si è avvenuto veramente (e qui c'è profondo rammarico), poi trova il cadavere, poi il cadavere stesso sparisce e questo senza mai dare una spiegazione allo spettatore... forse il bello (o il "diverso" che caratterizza i film) sta proprio qui.
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