mercoledì 26 luglio 2006

Recensione DESERTO ROSSO

Recensione deserto rosso




Regia di Michelangelo Antonioni con Xenia Valderi, Carlo Chionetti, Richard Harris, Monica Vitti

Recensione a cura di Giordano Biagio

Il Deserto Rosso di Antonioni è un film che si rivede volentieri perché rappresenta un'opera riuscita di verismo moderno. Le scene si svolgono a Ravenna nella sua parte più industriale. Siamo agli inizi degli anni '60 in pieno miracolo economico. Il tipo di industrializzazione è selvaggio: basato su numerosi impianti petrolchimici quasi tutti privi di depuratori e una centrale termoelettrica che espelle tonnellate di polveri.
Un'industrializzazione che appare subito allo spettatore come portatrice di traumi profondi. Alcune anguille al ristorante conservano nel sapore tracce di petrolio. Il degrado territoriale è molto avanzato e ne risente anche la vita dei cittadini. Questi ultimi diventano oggetto di disagi nevrotici e depressivi. Disagi fortemente accentuati dalla scomparsa di ogni bellezza naturale. Il funesto complesso petrolchimico ha sostituito sia le pulite e ordinate baracche dei vecchi pescatori che gli impianti artigianali.

Il film si svolge senza alcuna preoccupazione spettacolare prediligendo atmosfere di tipo neorealistico e psicologico. Il regista si sofferma a lungo su diversi particolari sonori e perturbanti degli impianti industriali che rimandano ad aspetti simbolici di un'epoca. Significazioni storiche sul brutale cambiamento tecnologico e di pensiero. Cambiamento avvenuto in tempi troppo veloci per consentire un'adeguata integrazione degli abitanti della zona ai nuovi ritmi di vita. I dialoghi degli operai degli impianti sono diretti. Impostati su una forma espressiva basata sulla spontaneità e l'essenzialità.
I colori del contesto ambientale sono sbiaditi e freddi, sempre privi dell'azzurro del cielo. Invasivi di spettri cenerognoli che richiamano fantasmi di malattie e morte. I colori appaiono sfuocati nel primo piano, scorrono impietosi davanti al movimento regolare della macchina da presa alternando sequenze ossessive di colori giallo e rosso ai colori grigi scuri delle strade e vie della città. Una città ormai priva di una vera identità.

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