Recensione freedomland - il colore del crimine
Recensione a cura di Simone Bracci
Nelle buie notti di Gannon si consuma il crimine. Ma il buio afferra solo chi è disperato, l'odio, il razzismo, il colore della pelle sono le uniche cose senza sfumatura. Un caso di cronaca nera. Nel ghetto nero del New Jersey dove lavora, una donna bianca, Brenda Martin, arriva in ospedale implorando aiuto: l'hanno ferita e rubato la macchina col figlio Cody dentro. Rapimento. Caos. Incessanti ricerche. Ma qual è la verita?
Parte forte il film di Joe Roth, nel suo turbinio di lampeggianti della polizia, che accompagnano gli sguardi del detective (papà) Council, passando dalle mani insanguinate della donna, agli sguardi serpeggianti e carichi di sospetto e paura della comunità di Gannon. Ma poi si arena sul più bello, le indagini rallentano, il colpo di scena manca e per più di un'ora si assiste al progressivo smontaggio dell'apparato poliziesco. Si entra a ritmo blandissimo nello squallido mondo della xenofobia, dell'odio razziale e del colore della pelle.
Argomenti delicati ancora nell'anno domini 2006, segno che di strada in quel senso se ne è fatta ancor troppo poca.
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