venerdì 21 luglio 2006

Recensione L'INFERNALE QUINLAN

Recensione l'infernale quinlan




Regia di Orson Welles con Charlton Heston, Janet Leigh, Orson Welles, Joseph Calleia, Akim Tamiroff, Joanna Cook Moore, Marlene Dietrich, Zsa Zsa Gabor

Recensione a cura di Aliena

Il titolo originale, Touch Of Evil, viene, secondo la svilente tradizione italiana del gran attore, tradotto ne L'infernale Quinlan che, tengo a precisare, non è propriamente l'interprete principale; infatti tutti i torbidi, grigi e indefiniti personaggi, che viscidamente si affrontano su questa vacillante pellicola, sono protagonisti: ognuno di loro viene personalmente lambito dal "Tocco del Malefico".
Questo film vanta diversi cameo tra i più importanti attori del tempo, che espressero fortemente il desiderio di recitare per -e- con Welles: star del calibro di Marlene Dietrich, Tza Tza Gabor, Janet Leigh, Charlton Heston, ... senza contare che fu proprio per quest'ultimo che i produttori, affidarono la realizzazione del film a Welles; Heston quando venne scritturato si rifiutò di recitare se a dirigerlo non ci fosse stato quel sommo genio creatore di Orson.

Lavorando sull'omicidio del più ricco petroliere della zona, Vargas novello sposo, giovane e statuario poliziotto modello mosso dall'alto ideale della giustizia assoluta che trascende l'umano, si trova ad affrontare Quinlan, solo,vecchio e deformato agente corrotto nello spirito e nel corpo, che non esita a piegare la legge al suo volere.
La trama è tra le più ovvie, una storia del genere noir hollywoodianamente standardizzata, ovviamente non ideata e tanto meno scelta dal prodigioso Welles, ma imposta da una Hollywood che costringeva a regole ferree le caratterizzazioni dei generi, e, il noir doveva essere facile: bianco su nero.
Lo spettatore doveva capire da subito chi era il virtuoso eroe senza macchia da ammirare e chi il ripugnante antieroe da disprezzare.
Ma a questo, decisamente troppo semplice filo di una trama in cui poco crediamo tutti noi, l'impossibile Welles non ci sta, pur sapendo che non può andare contro la schiacciante volontà di Hollywood che già lo detesta per aver minato definitivamente, 17 anni prima, le basi del proprio sistema cinematografico, con Quarto Potere, film che ha cambiato per sempre le sorti della settima arte, nonché attirato verso di lui l'ire funeste di tutti quei registi e produttori che si erano sempre chinati al compiacimento di un fare cinema per famiglie bigotte.
Se solo compie un passo falso (un altro), la minacciosa promessa è di tagliarlo fuori.
Così come un novello Ariosto inganna (per l'ennesima volta) il proprio padrone, lasciando una parvenza di patinato controllo: di fatto esternamente la trama rimane immutata, ma internamente fa implodere e scardina tutto il possibile, mettendo in scena il vero teatro della vita, quella degli uomini.
Acuisce il conflitto di mentalità che esplode tra i due poliziotti, dimenticando volutamente le connotazioni poliziesche dell'indagine sull'attentato.
Sarà il suo ultimo film americano.

[...]

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