martedì 30 novembre 2010

Recensione JCVD

Recensione jcvd




Regia di Mabrouk El Mechri con Jean-Claude Van Damme, François Damiens, Zinedine Soualem, Karim Belkhadra, Jean-François Wolff

Recensione a cura di Zero00 (voto: 9,0)

"Jean-Claude Van-Damme - pseudonimo di Jean-Claude Camille François Van Varenberg (Berchem-Sainte-Aghate, 18 ottobre 1960) - è un attore, regista, sceneggiatore e artista marziale belga. Dopo aver studiato intensamente le arti marziali sin dall'età di dieci anni, Van Damme realizzò un successo nazionale in Belgio come artista marziale e culturista, guadagnandosi il titolo di culturismo di "Mr. Belgium". Emigrò negli Stati Uniti nel 1982 per intraprendere la carriera di attore." (tratto da Wikipedia)
Il resto della storia è risaputo: Van Damme, in America, lavora in varie produzioni e partecipa a vari film in ruoli minori, svolgendo nel frattempo lavori di "routine". Questo fino al successo commerciale di "Bloodsport" ("Senza esclusioni di colpi"), in cui recita da protagonista, al debutto U.S.A. Di John Woo ("Hard Target", del 1992) e ad action movie come "Univarsal Soldier".

Ad una carriera costellata da successi e da film di dubbia qualità tecnica e artistica (la maggior parte usciti per l'home video) si affiancano vari problemi di natura sentimentale (cinque matrimoni, due dei quali con la stessa donna), giudiziaria e di salute (l'abuso di cocaina e la depressione).

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lunedì 29 novembre 2010

Recensione NOI CREDEVAMO

Recensione noi credevamo




Regia di Mario Martone con Valerio Binasco, Toni Servillo, Luca Zingaretti, Luigi Lo Cascio

Recensione a cura di Stefano Santoli

Forse il momento più alto del film "Noi credevamo" è quello, atroce, in cui si descrive la fucilazione sommaria di alcuni volontari garibaldini, comandata da un ufficiale dell'esercito piemontese (pardon, "italiano"), in un livido domani dello scontro che avvenne in Aspromonte, nel 1862, tra l'esercito regolare e i volontari che erano convenuti per tentare una spedizione volta alla presa di Roma (ancora pontificia).
"Non è indicativo che nella coscienza comune di tutti noi – scrive Martone nel libro che accompagna l'uscita del film – l'Aspromonte abbia sostanzialmente prodotto soltanto quella canzoncina che i bambini canticchiano a scuola? ‘Garibaldi fu ferito... Questa canzoncina è l'unico ‘lascito', nella nostra coscienza di italiani, di quella che è stata l'alba tragica del nostro Paese: lo scontro fratricida tra l'esercito regolare italiano e i volontari guidati da Garibaldi. Forse è una tragedia troppo forte? Forse ci spaventiamo guardando al nostro presente, perciò la rimuoviamo?".

Aspromonte

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Recensione NOBODY KNOWS

Recensione nobody knows




Regia di Hirokazu Koreeda con Kitaura Ayu, Yagira Yuuya

Recensione a cura di ele*noir (voto: 8,0)

In un piccolo appartamento di periferia traslocano una donna e suo figlio. Nessuno sa però che la loro famiglia è composta da altri tre bambini, due dei quali sono arrivati nella nuova casa dentro le valigie. A parte Akira, il figlio maggiore, che deve occuparsi della spese familiari, la madre non permette ai figli di uscire di casa per nessun motivo.
L'originalità della trama non deve ingannare. Benché assurda, la vicenda infatti fonda la sua origine nella realtà. Infatti nel 1988 i giapponesi rimasero sconvolti da un fatto di cronaca che raccontava l'abbandono in un appartamento di Tokyo di quattro bambini, diventati poi tre per la triste fatalità di una vita già sfortunata.
"Nobody Knows" parte da questo insolito e sconcertante episodio reale per confezionare una piccola storia, semplice e amara, ma tenera e innocente come i suoi protagonisti.
Il regista Hirokazu Koreeda romanza una storia addolcita nei suoi punti più brutali, senza perderne però la drammaticità.

E' la storia di un abbandono e della graduale ma completa rassegnazione di quattro bambini che si adeguano alla crudeltà e all'incoscienza di una madre ben più infantile di loro stessi. Avuti da quattro uomini diversi, amano la loro progenitrice con completa devozione, accettando le sue assenze e le sue mancanze totalmente esplicite e gratuite, senza dolersi di quel divieto, talmente assurdo da apparire irreale, che li relega perennemente tra le pareti di casa.
In primis stride, in questa visione così empaticamente inaccettabile, la dolcezza e il savoir faire materno della donna. La voce rassicurante e l'atteggiamento conciliante nei confronti dei suoi figli, che lei tratta con estrema cura nei primi momenti, sembrano rassicurare. Eppure, con la stessa semplicità con cui la donna tenta di amare i suoi bambini, risulta capace di recluderli dalla loro nascita e poi di dimenticarli, gradualmente ma per sempre. In uno degli ultimi momenti che trascorre con il figlio maggiore Akira sarà capace di ammettere di voler andare via e giustificherà la sua volontà dicendo: "Non ho diritto anche io ad essere felice?"
E' questo un mondo che riempie gli ingenui di sogni e miraggi, e questa madre appare vittima della sua stessa sventatezza. Concepisce e alleva quattro figli con un qualche progetto per se stessa che mai arriva e, invece di cambiare rotta verso la sua realtà, si crogiola nell'illusione di un nuovo, lontano e vago futuro.
L'attrice, You, si rivela particolarmente brava a rendere incisivamente l'immaturità della donna, che si cruccia e brontola come un'infante a cui non si presta la dovuta attenzione. E anche quella che sembrava inizialmente dolcezza, si rivela essere inconsistenza caratteriale e distanza dalla realtà. Sembra quasi essere una variante di Medea offuscata dalla sua follia e dal suo bisogno d'amore, la quale si rende rea dell'eliminazione sociale dei suoi figli, vendicandosi nella sua prospettiva non solo dei suoi quattro (o più) Giasone che l'hanno abbandonata, ma anche della società che la fa sentire limitata e intrappolata perché madre

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venerdì 26 novembre 2010

Recensione LA PAPESSA

Recensione la papessa




Regia di Sönke Wortmann con Johanna Wokalek, David Wenham, John Goodman, Iain Glen, Anatole Taubman, Suzanne Bertish

Recensione a cura di peucezia

Figura nota a chi ha dimestichezza dei tarocchi e protagonista di una leggenda medioevale, la Papessa Giovanna ha in tempi molto più recenti ispirato una scrittrice statunitense alla Dan Brown: Donna Woolfolk Cross, la quale nel 1996 ha scritto il romanzo pseudostorico "Pope Joan".
Sönke Wortmann, regista tedesco ("Il miracolo di Berna" è uno dei suoi film più noti in Italia), ha tratto dal romanzo il film "La papessa", uscito nel 2010.

Kolossal singolare, coprodotto con Gran Bretagna e Stati Uniti, lunghissimo ma mai noioso, il film segue con precisione le tappe fondamentali nella vita di Giovanna, nata nell'anno 814 come unica figlia dopo tre maschi di un prete di campagna (nel primo Medioevo il celibato non era obbligatorio per i sacerdoti).
A differenza dei suoi fratelli, a cui spetta apprendere a leggere e scrivere (le donne dovevano rimanere illetterate in quanto si riteneva che non avessero un'anima!), la piccola Giovanna mostra di possedere un'intelligenza vivace e pronta e solo grazie all'apertura mentale di un saggio maestro riesce a sfuggire al suo destino di donna nelle mani di un padre brutale e rigido.
Giovanetta si invaghisce di un conte illuminato, ma poi dopo le violente incursioni dei Sassoni entra in convento al posto del fratello scomparso. Finisce così per intraprendere quel cammino che la porterà anni dopo a farsi acclamare vescovo di Roma.
La caratteristica principale di Giovanna è la saggezza e la capacità di guarire e capire il suo prossimo. La scrittrice Woolfolk Cross e il regista, di conseguenza, sposano il significato che viene dato nei tarocchi alla carta della papessa e cioè quello di simbolo di sapienza, contrapposto al principio maschile.

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giovedì 25 novembre 2010

Recensione CORPI IMPAZIENTI

Recensione corpi impazienti




Regia di Xavier Giannoli con Nicolas Duvauchelle, Laura Smet, Marie Denarnaud

Recensione a cura di Mimmot

Il recente cinema francese, con il film "Corpi impazienti", dell'esordiente Xavier Giannoli (e prima ancora con "Son frère", di Patrice Chereau), sembra avere avviato un discorso molto realistico sul linguaggio dei corpi, visti sia nella loro fisicità che nella loro interiorità.
Un discorso estremamente impegnativo che altre cinematografie, attualmente, paiono ignorare. Un esercizio difficile, nel quale il cinema d'oltralpe si destreggia con sensibilità e padronanza, lasciando spazio alla fantasia ma anche alla durezza della realtà, che spesse volte supera la fantasia.

In questo duplice aspetto di fisicità e interiorità i corpi non sono astrazioni, ma sono corpi "carnali", ovvero viventi, tangibili, sono corpi accorati, sono corpi raggianti, sono corpi dolenti, sono corpi impazienti.
E sono corpi che comunicano. In un ineludibile differire ogni corpo dagli altri corpi e da sé, in un continuo andare a un senso ulteriore. Corpi impazienti. Impazienti per attesa della fine. Impazienti di amare e di toccarsi, di godere e di vivere. E di morire, anche. Corpi nel fulgore della giovinezza e corpi sfiniti dalla malattia.

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mercoledì 24 novembre 2010

Recensione IN CARNE E OSSA

Recensione in carne e ossa




Regia di Christian Angeli con Alba Rohrwacher, Maddalena Crippa, Luigi Diberti, Ivan Franeck, Barbara Enrichi

Recensione a cura di matteoscarface

"In carne e ossa" è un film che cerca in una messa in scena minimalista il valore dell'indipendenza, ma finisce col trovare solo l'incompiutezza.

La scarsità di mezzi non è poi così evidente da giustificare il risultato, che infatti è conseguenza di una storia che latita e di un'impostazione registica non adatta.

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Recensione MONKEY SHINES - ESPERIMENTO NEL TERRORE

Recensione monkey shines - esperimento nel terrore




Regia di George A. Romero con Jason Beghe, John Pankow, Kate McNeil, Joyce Van Patten, Christine Forrest, Stephen Root, Stanley Tucci, Janine Turner

Recensione a cura di Giordano Biagio

Allan (Jason Beghe), studente in legge, giovane e atletico, è urtato da una grossa auto durante una corsa nelle strade della sua città e diventa tetraplegico.
Dopo l'incidente la vita di Allan cambia, oltre a essere relegato in una sedia a motore il giovane perde la bella fidanzata che lo lascia per andare a vivere con il chirurgo che lo aveva operato.
La madre di Allan, del tutto isterica, mette a servizio del figlio un'infermiera, ossessiva e bisbetica (Christine Forrest), che diventa una sua fida confidente.
A confortare la sofferenza psicologica di Allan interviene un amico scienziato, che gli regala una scimmia, Ella, addestrata per aiutare le persone paralizzate. La scimmia è sottoposta dall'amico a una serie di iniezioni di siero, contenenti cellule di cervello umano, con lo scopo di studiare le conseguenti modificazioni psichiche e somatiche dell'animale.

La scimmia aumenta velocemente le doti di apprendimento, le sue capacità nel mettere in relazione parole e cose si accrescono a tal punto che Allan, avvertendo una sorta di presenza umana, trova un particolare aiuto in più, sentendosi amato e rispettato.
Le modifiche subite da Ella nella sua natura animale sono tali da preoccupare la stessa addestratrice Melanie Parker: i cambiamenti psichici sono enigmatici, sembrano svilupparsi in una forma primordiale, ma vicino al modo di agire dell'Io umano primitivo. Ella entra facilmente in sintonia con i pensieri di Allan, del quale diviene ad un certo punto un servitore integrale, lungo un gioco di identificazione e proiezione capace di cogliere in Allan le verità più riposte.
Subendo altre iniezioni di cellule di cervello umano la scimmia accresce la sua personalità ibrida, fino al punto di provare una intensa gelosia per le relazioni di Allan con altre persone. Essendo priva di sensi di colpa la scimmietta Ella, per sconfiggere la sua sofferenza-passione, mette in atto azioni vendicative semplici ed efficaci, ad esempio uccidendo le persone che in qualche modo la infastidiscono.
Ella a un certo punto cerca di sopraffare telepaticamente anche l'Io di Allan per sfuggire al proprio ruolo subordinato. Il legame con Allan quindi cambia, diventa ossessivo, in un certo senso conflittuale, pericoloso per la vita stessa del giovane.

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martedì 23 novembre 2010

Recensione TI PRESENTO UN AMICO

Recensione ti presento un amico




Regia di Carlo Vanzina, Enrico Vanzina con Raoul Bova, Barbora Bobulova, Martina Stella, Kelly Reilly, Stefano Dionisi

Recensione a cura di peucezia

C'era una volta l'uomo conquistatore, vincente, circondato da belle donne... C'era, perché ai giorni d'oggi con la crisi finanziaria galoppante e una lenta ma progressiva parità dei ruoli questa figura sta scomparendo, sostituita dal bello sedotto, più che seduttore.

Raoul Bova, alias Marco Ferretti, è bellissimo ma goffo e impacciato. Lavora a Londra per una multinazionale di cosmetici ed è in odor di licenziamento (all'inizio della storia perlomeno), la sua ragazza lo licenzia senza tanti complimenti... si ritrova a Milano con l'incarico di tagliatore di teste, coinvolto da quattro donne belle e rampanti in una girandola di avventure ed equivoci senza fine.

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Recensione DECALOGO 6

Recensione decalogo 6




Regia di Krzysztof Kieslowski con Grazyna Szapolowska, Olaf Lubaszenko, Stefania Iwinska

Recensione a cura di Ciumi (voto: 9,0)

Toccato da una raffinatezza cameristica, pari alle musiche che intime lo accompagnano, il sesto episodio del " Decalogo" di Kieslowski è ancora una riflessione profondamente sensibile che, se parte dal comandamento cristiano, è rivolta ad attualizzarlo e reinterpretarlo, all'indagine complessa in esso del sentimento e dell'animo umano.

Tenue, sensuale e al tempo stesso casto, il film ha una narrazione densamente simbolica, ma bassa nei toni, che si muove in una disadorna quotidianità; è disseminato di segni mai del tutto decifrabili, d'indizi che sanno, ciononostante, esplorare l'argomento da varie prospettive e profondità, aprire panorami, oscuri talvolta, dispersivi ma pur sempre confinanti al tema trattato.

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lunedì 22 novembre 2010

Recensione STANNO TUTTI BENE (2010)

Recensione stanno tutti bene (2010)




Regia di Kirk Jones con Robert De Niro, Drew Barrymore, Kate Beckinsale, Sam Rockwell, Katherine Moennig, Lucian Maisel, Ben Schwartz, Debargo Sanyal

Recensione a cura di Giordano Biagio

Remake del terzo film di Tornatore, del 1990, allora ambientato in Italia. A differenza del film italiano, Kirk Jones posiziona la storia negli Stati Uniti mantenendone la struttura di fondo e visitando con la macchina da presa le più note metropoli americane.

Frank Goode (Robert De Niro) è un accigliato vedovo che ha trascorso tutta la sua vita in fabbrica a rivestire di PVC i conduttori di rame telefonici; non capisce la società in cui vive, idealizza tutto ciò che vede e che non appartiene alle sue esperienze, Frank ha avuto poco tempo per pensare e confrontarsi con persone appartenenti ad altri ceti sociali, crede che il suo lavoro sia stato molto importante, fondamentale, come altri simili, per la crescita della civiltà e dell'economia del suo paese. Frank ignora le contraddizioni di fondo del capitalismo, quelle che portano spesso, per ragioni di mercato, a distruggere produzioni anche di grande valore sociale.

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Recensione A SERBIAN FILM

Recensione a serbian film




Regia di Srdjan Spasojevic con Srdjan Todorovic, Sergej Trifunovic, Jelena Gavrilovic

Recensione a cura di bulldog (voto: 9,0)

"Tutta l'intera nazione non è altro che un fottuto asilo. Un mucchio di bambini scaricati dai loro genitori"

E' bene dirlo subito, la prima fatica di Spasojevic, è un film che si spinge a livelli di nefandezze forse mai toccati dalla cinematografia legale.
Un gesto coraggioso quello del governo serbo, finanziare un film simile, nonostante il suo estremismo, non era affatto cosa semplice, e qui in Italia lo sappiamo bene.
Sceneggiato in cooperazione con il critico Radivojevi?, e concepito solamente per il mercato nazionale serbo, A Serbian Film è una rappresentazione metaforica della violenza politica e della mercificazione sessuale del corpo umano manipolata dal potere.

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venerdì 19 novembre 2010

Recensione LA MASCHERA DEL DEMONIO

Recensione la maschera del demonio




Regia di Mario Bava con Barbara Steele, John Richardson, Andrea Checchi, Ivo Garrani, Arturo Dominici, Enrico Olivieri

Recensione a cura di A. Cavisi (voto: 9,5)

La strega Asa, uccisa dai componenti del suo villaggio nel 1600, viene risvegliata dall'arrivo di un dottore che casualmente versa alcune gocce del suo sangue sul suo cadavere. Intento della terribile creatura è quello di impossessarsi del corpo di Katia, sua identica discendente, per vendicarsi di tutti i suoi antenati, grazie all'aiuto del suo vecchio amante col quale fu ammazzata due secoli prima e tornato in vita per soddisfare ogni suo desiderio.

Un magistrale esempio di cinema di genere che si accompagna anche ad un'altissima qualità, "La maschera del demonio", primo film del grande regista Mario Bava, nonché primo vero e proprio horror italiano, con la sua straordinarietà ha influenzato moltissimi registi che si sono ispirati a questa pellicola, riprendendone topoi e tematiche, ma anche rifacendosi al suo elegantissimo e particolarissimo stile.

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giovedì 18 novembre 2010

Recensione LA MORTE IN DIRETTA

Recensione la morte in diretta




Regia di Bertrand Tavernier con Harvey Keitel, Romy Schneider, Harry Dean Stanton, Robbie Coltrane, Thérèse Liotard, Max von Sydow

Recensione a cura di atticus (voto: 9,0)

Quando nel 1979 il regista Bertrand Tavernier dirigeva "La morte in diretta" non esistevano ancora i reality show, né film come "The Truman Show" o "Contenders serie 7" erano stati pensati. Precisazione d'obbligo per capire quanto questo profetico capolavoro sia stato ispiratore e precursore dei tempi, senza che nessuno se ne accorgesse (o mentre tutti facevano finta di non accorgersene).

Katherine Mortenhoe è una famosa programmatrice di best seller sentimentali, nel senso che affida ad uno speciale software la stesura dei suoi romanzi, attraverso il riutilizzo ciclico di situazioni prestabilite e preconfezionate.
La notizia di essere condannata da un male incurabile la porta ad affrontare con una nuova ottica la situazione e pertanto accetta una crudele proposta da un network televisivo: lasciarsi filmare 24 ore su 24 nei suoi ultimi giorni di vita ed essere così la protagonista di un nuovo show dal titolo "Death watch".
Superare le tensioni derivanti dal progetto però si rivela impossibile e perciò Katherine si abbandona ad una fuga disperata e senza meta. Nel suo vagare depresso incontra Roddy, un ombroso straniero capace di offrirle quelle attenzioni ultime di cui sente il bisogno. Ma non sa che l'uomo in realtà è un dipendente della rete tv, che si è fatto innestare dietro la retina, dopo un delicato intervento chirurgico, una speciale microcamera che registra tutto ciò che il suo sguardo cattura.
Le crisi ansiogene e la vulnerabilità totale di Katherine saranno gli ingredienti base del successo di una diretta tv che cattura milioni di telespettatori, fino a quando il gioco assumerà risvolti talmente tragici da capovolgere la realtà.

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