lunedì 29 novembre 2010

Recensione NOBODY KNOWS

Recensione nobody knows




Regia di Hirokazu Koreeda con Kitaura Ayu, Yagira Yuuya

Recensione a cura di ele*noir (voto: 8,0)

In un piccolo appartamento di periferia traslocano una donna e suo figlio. Nessuno sa però che la loro famiglia è composta da altri tre bambini, due dei quali sono arrivati nella nuova casa dentro le valigie. A parte Akira, il figlio maggiore, che deve occuparsi della spese familiari, la madre non permette ai figli di uscire di casa per nessun motivo.
L'originalità della trama non deve ingannare. Benché assurda, la vicenda infatti fonda la sua origine nella realtà. Infatti nel 1988 i giapponesi rimasero sconvolti da un fatto di cronaca che raccontava l'abbandono in un appartamento di Tokyo di quattro bambini, diventati poi tre per la triste fatalità di una vita già sfortunata.
"Nobody Knows" parte da questo insolito e sconcertante episodio reale per confezionare una piccola storia, semplice e amara, ma tenera e innocente come i suoi protagonisti.
Il regista Hirokazu Koreeda romanza una storia addolcita nei suoi punti più brutali, senza perderne però la drammaticità.

E' la storia di un abbandono e della graduale ma completa rassegnazione di quattro bambini che si adeguano alla crudeltà e all'incoscienza di una madre ben più infantile di loro stessi. Avuti da quattro uomini diversi, amano la loro progenitrice con completa devozione, accettando le sue assenze e le sue mancanze totalmente esplicite e gratuite, senza dolersi di quel divieto, talmente assurdo da apparire irreale, che li relega perennemente tra le pareti di casa.
In primis stride, in questa visione così empaticamente inaccettabile, la dolcezza e il savoir faire materno della donna. La voce rassicurante e l'atteggiamento conciliante nei confronti dei suoi figli, che lei tratta con estrema cura nei primi momenti, sembrano rassicurare. Eppure, con la stessa semplicità con cui la donna tenta di amare i suoi bambini, risulta capace di recluderli dalla loro nascita e poi di dimenticarli, gradualmente ma per sempre. In uno degli ultimi momenti che trascorre con il figlio maggiore Akira sarà capace di ammettere di voler andare via e giustificherà la sua volontà dicendo: "Non ho diritto anche io ad essere felice?"
E' questo un mondo che riempie gli ingenui di sogni e miraggi, e questa madre appare vittima della sua stessa sventatezza. Concepisce e alleva quattro figli con un qualche progetto per se stessa che mai arriva e, invece di cambiare rotta verso la sua realtà, si crogiola nell'illusione di un nuovo, lontano e vago futuro.
L'attrice, You, si rivela particolarmente brava a rendere incisivamente l'immaturità della donna, che si cruccia e brontola come un'infante a cui non si presta la dovuta attenzione. E anche quella che sembrava inizialmente dolcezza, si rivela essere inconsistenza caratteriale e distanza dalla realtà. Sembra quasi essere una variante di Medea offuscata dalla sua follia e dal suo bisogno d'amore, la quale si rende rea dell'eliminazione sociale dei suoi figli, vendicandosi nella sua prospettiva non solo dei suoi quattro (o più) Giasone che l'hanno abbandonata, ma anche della società che la fa sentire limitata e intrappolata perché madre

[...]

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