Recensione begotten
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Recensione a cura di bulldog (voto: 8,5)
"Language bearers, photographers, diary makers, you with your memory are dead, frozen, lost in a present that never stops passing; here lives the incantation of matter: a language forever. Like a flame burning away the darkness, life is flesh on bone convulsing above the ground".
Didascalia di apertura al film.
"The Begotten", il malsano esordio dell'improduttivo regista americano Elias Merhige, oggi è considerato da gran parte della critica e del pubblico come una delle più alte espressioni del cinema weird.
Trattasi di un dissestato e furente delirio misantropico, girato in 16mm su di un negativo volutamente graffiato, utilizzando filtri di densità.
La sua estetica espressionista si lega sin dai primi istanti con l'atmosfera funerea e decadente del film, il quale parte di getto senza presentarci i protagonisti.
E così veniamo scaraventati immediatamente in un universo sporco e scolorito, i cui unici suoni sono raggelanti loops ambientali.
Tutto appare immediatamente come un brutto sogno, con lo sgranamento esasperato del bianco e nero che dilata le immagini, le quali sfumano e si disperdono lasciando intravedere la reale consistenza delle sostanze presenti nell'ambiente circostante.
Tutti i movimenti che osserviamo sullo schermo danno l'impressione d'essere il sunto della metamorfosi della composizione della materia e ci sembra di assistere quasi alla sua continua fermentazione all'interno di una dimensione indefinita.
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