Recensione buongiorno, notte
Recensione a cura di Terry Malloy
Fornire un resoconto dettagliato di ciò che è un film come "Buongiorno, Notte" è assai arduo. Come per gli altri film di Marco Bellocchio, una delle teste di serie del cinema italiano, esso rivela una complessità stilistica e tematica così articolata da scoraggiarne un'analisi in chi si avvicina a questo suo capolavoro. Questo per la delicatezza dell'argomento trattato (il rapimento e i cinquantacinque giorni di prigionia di Aldo Moro nella Primavera del 1978), e per la profondità della sceneggiatura, e infine per la qualità tecnica della mise en scene cinematografica, la quale, lungi dall'essere mero esercizio di stile, si pone come immagine formale del discorso che sfoglia, inquieto, le pagine dello script.
E con una sceneggiatura il film inizia. "Una sceneggiatura... che strano.", dice Mariano (il capo dell'intera operazione, interpretato da Luigi Lo Cascio) rovistando fra le cose del Presidente, appena rapito.
Il problema di un film come "Buongiorno, Notte" è che è facilmente ascrivibile, catalogabile. Di solito l'etichetta di genere è "storico", ossia di una pellicola che tratta (in maniera romanzata) un fatto realmente accaduto del passato. Lo spettatore allora guarda al film come una semplice rivisitazione, vuole rivivere eventi che magari ha esperito direttamente o di cui invece ha sempre sentito parlare tramite racconti, interviste, lezioni, articoli e libri. Un fatto come quello del sequestro e dell'omicidio dell'allora Presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse è bene o male un fatto verso cui ogni italiano di media cultura è spinto prima o poi a confrontarsi. Ma perché narrare eventi così tragici e ambigui? Perché dovremmo voler rivedere l'agonia di colui che in fondo, al di là del dibattito politico, è stato un grande italiano? La risposta che ci diamo è probabilmente che questo è il mandato di un cinema civile di cui Bellocchio, Bertolucci, Giordana e Pasolini sono stati i principali promotori. Un cinema sociale, storico, politico che non ha nulla da invidiare alla letteratura di analoghe tendenze, un cinema che ha dato in ogni stagione del cinema italiano risultati di grande respiro. Ma "Buongiorno, Notte" esce nel 2003, a venticinque anni dalla tragica scomparsa del deputato; questo avvalora ancor più la tesi di un'appartenenza totale del film al genere dei film "storici", portandoci a considerarlo dunque una rivisitazione di un fatto importantissimo e cruciale della storia italiana, che sconvolse l'opinione pubblica anche estera e che modificò (in parte) gli assetti politici e istituzionali del Paese. Un modo del cinema di confrontarsi con una realtà tragica e destabilizzante le coscienze, il che è avvenuto e avviene spesso in campo artistico in ogni parte del mondo. Il problema è che quella di Bellocchio, se accettiamo in linea di principio essere una rivisitazione storica del caso Moro, è sicuramente e problematicamente una rivisitazione sui generis.
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