giovedì 27 settembre 2012

Recensione WOODY

Recensione woody




Regia di Robert B. Weide con Woody Allen, Letty Aronson, Marshall Brickman, Josh Brolin, Dick Cavett, Penélope Cruz, Larry David, John Cusack

Recensione a cura di Terry Malloy

Per i grandi registi è spesso inevitabile che il cinema produca opere autoreferenziali e vagamente adulatorie che raccontino la loro storia, è un'operazione commerciale abbastanza frequente, che nella fattispecie dei documentari non costituisce un'aberrazione estetica, ma che tocca il fondo per esempio nelle (auto)biografie degli atleti.

Quest'anno spetta a Woody Allen il piedistallo di raccontare intimamente la sua storia ai milioni di cinefili e spettatori che hanno apprezzato e amato le sue opere. Il cliché del genere impone la presenza fissa di questi elementi:

  1. Overture ad effetto (il film si apre infatti con le tipiche sequenze fotografiche iniziali delle commedie alleniane. Alcuni scatti di New York, città natale del regista, replicando addirittura il font grafico dei titoli di testa che ormai, dopo circa 40 film, abbiamo cominciato a riconoscere come marchio di fabbrica di Woody Allen e della sua s.p.a.)
  2. Parti dei film di cui si è scelto di parlare: probabilmente le parti migliori, e questo è piuttosto triste. O perlomeno è normale.
  3. Parti di comparse pubbliche di Allen prima che cominciasse la sua attività di regista (fondamentali).
  4. Parti di passate interviste allo stesso (ininfluenti, ma comunque ci stanno).
  5. Comparse di Allen a vari festival accecanti (degne di nota per la battuta: "adesso andiamo là e gli tiriamo carne cruda").
  6. Interviste a vari personaggi, più o meno noti, in ordine di importanza:
    • Grandi registi: Martin Scorsese (palesemente non in grado di dire qualcosa di interessante sul suo collega)
    • Grandi attori: vedi dopo
    • Famigliari: che raccontano retroscena più o meno gradevoli sulla vita di un autore di cui conosciamo così tanto l'infanzia, grazie alle sue bellissime battute e a un film autobiografico come "Annie Hall", da chiederci che utilità effettiva abbiano nell'economia narrativa del documentario. Compaiono una madre e una sorella.
    • Woody Allen: ovvio.
    • Gli amici intimi/persone che hanno lavorato con Woody: in particolare i suoi storici produttori, Charles Joffe e Jack Rollins, che incensano la loro macchina da soldi, più o meno con l'affetto con cui un miliardario parlerebbe del motore della sua nuova Lamborghini. "He's an industry!" (e qui ci si augura che il protagonista non abbia visionato questo documentario e non lo faccia mai)
    • Altra gente misconosciuta ma comunque autorizzata a parlare: critici vari (che in realtà dicono le cose più significative di tutto il film, in particolare una sottospecie di sacerdote/cinefilo che pare anche l'unico interessato a dire cose un minimo ispiranti sull'argomento di cui si sta parlando), scrittori e drammaturghi ostentanti una stima esagerata verso un artista che in fin dei conti ha fregato loro, in modo anche abbastanza ingiustificato, quasi tutti i soldi e la notorietà della torta dello spettacolo, comici del passato di cui nessuno ormai si ricorda più, che però paradossalmente contribuiscono ad alzare il livello di questo documentario, raccontando aneddoti splendidi sull'attività pre-cinematografica di Allen, ossia di comico da palcoscenico e locali in penombra, oppure come gigante televisivo di salotti pre-Letterman, sicuramente le parti più interessanti del film, poiché appunto sconosciute ai più, soprattutto a noi spettatori europei.

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