giovedì 20 settembre 2012

Recensione MAGNIFICA OSSESSIONE

Recensione magnifica ossessione




Regia di Douglas Sirk con Jane Wyman, Rock Hudson, Barbara Rush, Otto Kruger, Agnes Moorehead

Recensione a cura di amterme63 (voto: 8,0)

Se Alfred Hitchcock è il maestro della suspense, Douglas Sirk lo è del sentimento. Entrambi ci hanno lasciato delle opere cinematografiche che sono dei modelli indiscussi di perfezione stilistica. Il loro segreto è di quello di avere raggiunto una perfetta sintesi fra i vari elementi dell'opera d'arte, di averli esposti con misura e chiarezza, nonché con potenza ed efficacia. Si tratta insomma del tipico stile artistico che in genere viene designato come "classico".
Il meglio dell'opera di Sirk consiste in alcuni film usciti alla fine degli anni '50, ancora oggi ammirati per la grande potenza espressiva melodrammatica, anche se possono apparire sorpassati dal punto di vista dell'intreccio (con largo uso di coincidenze e semplificazioni) e del messaggio ideale (così sicuro e convincente allora, ingenuo ed illusorio visto con gli occhi di oggi).

Il primo film della serie (che comprende capolavori come "Secondo amore" e "Lo specchio della vita") è "Magnifica Ossessione", uscito nel 1954.
Si racconta di un miliardario (Bob Merrick, interpretato da un sensuale Rock Hudson) viziato e scapestrato che viene salvato da uno spericolato incidente sportivo grazie ad un respiratore, proprio mentre il suo proprietario (il Dottor Phillips, mai mostrato durante il film) veniva colpito da un attacco cardiaco. Sentendosi in colpa per la morte del dottore, Bob cerca di instaurare un rapporto con la vedova Helen (una bravissima Jane Wyman). Il rapporto presto diventerà amoroso, ma dovrà attraversare notevoli prove e traversie (tra cui la cecità di Helen) per poter infine trovare una propria (forse) felice realizzazione.
Nel frattempo in Bob Merrick avviene una profonda maturazione spirituale, stimolata dalla conoscenza del carattere filantropo e umanitario (nonché assolutamente riservato) del Dottor Phillips. Stimolato dai dialoghi e dalla protezione di un personaggio-angelo custode (il pittore Randolph) ne adotta la filosofia, facendone una specie di ragione di vita, un modo per attingere alla "sorgente dell'energia infinita" (come viene chiamata nel film). Questa "fede" diventa così una specie di missione che trova l'unico scopo e ragione nel solo fatto di compiersi, diventando in pratica una "magnifica ossessione".

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