Recensione i complessi
Recensione a cura di peucezia (voto: 7,5)
Film del 1965 ad episodi, come voleva una moda degli anni Sessanta, "I complessi" ,come ogni buona commedia all'italiana, vuole prendere in giro i costumi e le abitudini nazionali.
Dopo la prima metà degli anni Sessanta l'Italia è uscita dal boom economico che l'ha trasformata da nazione agricola decisamente arretrata a paese industriale moderno e progressista (con tutti i limiti della mentalità nostrana); cambia l'Italia, cambiano gli italiani: se negli anni Cinquanta il loro problema era riuscire a mettere insieme il pranzo con la cena, ora le problematiche si affinano per penetrare nella sfera psicologica, di qui appunto il "complesso".
I tre registi di ciascun episodio (Dino Risi per il primo, Franco Rossi per il secondo e Luigi Filippo D'Amico per l'ultimo) focalizzano i nuovi tic, le nuove preoccupazioni di un paese a metà strada tra il provincialismo e la voglia di migliorare.
Protagonista del primo episodio, "Una giornata decisiva", è un Nino Manfredi più che quarantenne e decisamente in ascesa in quegli anni.
Manfredi è un impiegato in gita aziendale deciso a chiedere la mano della collega più bella, ma la sua patologica timidezza lo spinge invece tra le braccia della bruttona.
Il personaggio interpretato da Manfredi ha un look da nerd (occhiali spessi, pettinatura tirata all'indietro), parla con tono basso e dimesso e cammina a passetti, inoltre prima di compiere ogni azione pensa lungamente. È contrapposto agli altri impiegati caciaroni, volgari e decisamente maschilisti ma anche alle due protagoniste femminili, donne ormai "liberate" anche se ancora vittime dello strapotere maschile (Gabriella, la bella impiegata, non riesce a liberarsi da un amante geloso benchè sposato; la racchia dell'ufficio soffre per la sua scarsa avvenenza). Alla fine sono le due donne a decidere il destino del mite impiegato: il poveretto finisce tra le grinfie della bruttissima e perfida collega ed è emblematica la scena che vede chiudersi alle spalle di Manfredi il cancello dell'abitazione della sua ormai fidanzata, a simboleggiare la "prigione" nella quale il timidissimo personaggio si è auto recluso.
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