Recensione orfeo 9
Recensione a cura di kowalsky (voto: 8,0)
"In un mondo che è deserto, un uomo diventa la città."
C'era un tempo, non troppo lontano, in cui la creatività si misurava anche attraverso la musica.
Misticismo hippie, rivoluzione culturale, pacifismo senza inutili boomerang ideologici, la libertà che non c'è ma si può trovare, la schiavitù da cui liberarsi.
A giudicare dalla controversa reazione degli spettatori della 65esima Mostra del Cinema di Venezia, quel tempo è morto e defunto. E, a dirla tutta, l'"Orfeo 9", libera rielaborazione in chiave (prog)rock del mito di Orfeo ed Euridice, rappresenta per l'italiano medio di oggi (e forse anche di ieri) un problema.
Per una nazione avara sia di teatro che di cultura rock, per non dire di tragedie greche et similia, la giocosa vitalità delle coreografie, lo stilismo rassicurante (in rima) delle canzoni, la sfacciata irriverenza della mise in scene, o la provocazione della ridondanza espressiva del testo (per esempio le scritte sui muri antenate dei murales di oggi) può essere l'inedito esperimento da rispedire al mittente: confusione e sconcerto.
Ma altrove c'è un margine, bellissimo: la città con la frenetica corsia di macchine (il memorabile viaggio di Orfeo in autostop, per esempio), miraggio (?) di un mondo contemporaneo sempre più distante dal cuore.
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