Recensione fari nella nebbia
Recensione a cura di Giordano Biagio (voto: 9,0)
Girato in bianco e nero a Savona nei primi anni del secondo conflitto mondiale, "Fari nella nebbia" sembra ispirarsi in parte al realismo francese di Marcel Carné, quello più impregnato di toni poetici, mantenendosi però, nel complesso, ad una rispettosa distanza dal cinema d'oltralpe, in particolare riguardo ai suoi codici linguistici più diffusi che lo caratterizzavano con successo intorno agli anni '40.
Il film ha una buona originalità espressiva e un disincanto narrativo sulle cose tali da far imprimere al racconto una direzione immaginifica tutta sua, vicina per stile alle più note forme poetiche e realistiche dei film occidentali in circolazione in Europa in quel periodo, anche se bisogna dire che l'argomento trattato, la vita proletaria, è lontano dai soggetti di allora. La pellicola ha però anche dei forti contenuti naturalistici, che ricordano per tematiche trattate i migliori scritti di E. Zola, quelli improntati su realtà che non scaturivano dall'immaginazione dello scrittore ma dall'esplorazione di situazioni umane e sociali del tutto nuove, ricche di fatti di rilievo, in cui l'autore scrutava e annotava con un forte distacco ciò che accadeva e vedeva.
Il regista Gianni Franciolini mette al centro del racconto la vita dei camionisti di petrolio degli anni '40, un'esistenza difficile, dalle relazioni umane complesse, piena di insicurezze giornaliere, ma ricca di passioni estreme. Sono temi forti quelli proposti da "Fari nella nebbia", che richiamano alla mente alcune indimenticabili pagine del cinema italiano degli anni '50, del quale Franciolini con questo film sembra in un certo senso annunciarne l'imminente nascita, che avverrà sotto la denominazione di neorealismo soltanto nel 1946, con il film Sciuscià di De Sica.
Gianni Franciolini prima della seconda guerra mondiale ha lavorato in Francia come collaboratore dei registi J. Choux e G. Lacombe, e negli anni '30 è stato aiuto regista di E. Deslaw; il suo primo lungometraggio fu il poliziesco "L'ispettore Vargas" (1940); "Fari nella nebbia", secondo film del regista, è forse dal punto di vista della riuscita naturalistica-simbolica la pellicola più significativa della sua carriera: nelle opere successive utilizzerà modi diversi di raccontare, unendo al genere della commedia briosa all'italiana aspetti fiabeschi, o forme leggermente satiriche con tratti pungenti chiaramente moralistici e pensieri leggeri di puro intrattenimento (vedi "Racconti d'estate", del 1958). Con "Fari nella nebbia" Franciolini attrae subito i critici cinematografici per la sua verve compositiva e la tecnica di scrittura, che denotano, abbinate al suo magico modo di raccontare per immagini, una straordinaria capacità nel montaggio. Da sottolineare anche l'estrosa capacità del regista italiano nell'unire sapientemente figure simboliche primarie con oggetti secondari, ricchi quest'ultimi di allusioni complementari alla scena primaria, tipiche di un pensare per immagini ben articolato da cui scaturisce una più facile comunicazione dei significanti e significati in gioco.
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