Recensione ichi the killer
Recensione a cura di cash (voto: 9,0)
Hideo Yamamoto, bravo ragazzo. Un mangaka (ma non solo) che ha scritto e disegnato Koroshiya Ichi, grazie al quale è riuscito a farsi censurare perfino in Giappone. Pare infatti che il suo manga fosse stato giudicato leggermente violento.
Poteva un personaggio come Miike Takashi ignorare tale fenomeno? No, non poteva. E infatti nel 2001 concepisce in una manciata di mesi (lui di solito gira sei film all'anno, e tutti di una qualità che va dall'ottimo all'eccellente) "Ichi the killer": film che un eufemista definirebbe "eccessivo e violento".
Una cosa va chiarita: pare riduttivo appellare un autore che ha all'attivo 75 pellicole semplicemente come "regista". E son 75 al momento dell'estensione di tale articolo, con l'assoluta certezza che quando leggerete queste poche righe saranno come minimo 80.
Miike non è un regista, bensì una multinazionale di se stesso; la sua ditta produce vari articoli dai più disparati generi, e quando siete abbastanza sicuri di averlo classificato in una comoda etichetta manualistica ecco che subito sarà pronto a smentirvi.
Esiste un punto di contatto ideologico fra "Ichi", "Visitor q" e "Audition"? No. Perlomeno apparentemente; a ben vedere, sono storie d'amore tra le più pure che si siano mai viste, ma esattamente agli antipodi di un "Autumn in New York" a casaccio.
L'amore concepito da Miike è totalmente spoglio da strette cuciture di genere che portano lontano dall'indagare ciò che muove il cuore di una persona amante. Lontano dalla logica della sicurezza della coppia, Miike non tesse furbi vestiti culturalmente devianti, concepiti ad hoc per occultare le parti che non si vorrebbero mettere in evidenza. Si potrebbe osservare che non cuce addosso ai suoi personaggi nessun vestito, l'uomo è spesso nudo sia materialmente che ideologicamente: tripudi e danze di spogli toraci. Quando la carne è sottile il cuore si mostra più facilmente.
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