Recensione the libertine
Recensione a cura di peucezia
Film inglese del 2004 ed esordio alla regia di Laurence Dunmore, "The Libertine", tratto da un lavoro teatrale di Stephen Jeffrys da cui risente moltissimo per ritmi ed impostazioni, narra del secondo conte di Rochester, John Wilmot, realmente vissuto in Inghilterra all'epoca di re Carlo II in piena Restaurazione, periodo storico burrascoso dominato da corruzione e vizio.
Lo stile teatrale si avverte sin dall'inizio: dal buio emerge la figura del protagonista (Johnny Depp) che in un monologo "aside" anticipa agli spettatori il modus vivendi del suo personaggio avvertendo le spettatrici che il suo atteggiamento non sarà da esse gradito.
Il conte di Rochester vive in maniera forsennata dedito all'alcol e all'alcova, ha un'intelligenza sagace e grande abilità nella versificazione. Il linguaggio adoperato nel film è aulico e inusuale. I dialoghi riprendono lo stile dell'inglese parlato nel Settecento (questa osservazione purtroppo è valida solo per chi ha la possibilità di vedere il film in lingua originale). Interessante anche il modo di girare utilizzato da Dunmore, finora regista con al suo attivo soltanto dei video musicali: l'uso della camera da presa a mano secondo le celeberrime teorizzazioni del DOGMA, le riprese a luce naturale o a lume di candela conferiscono un esasperato realismo così come anche la cura maniacale nei costumi e nelle scenografie (John Malkovich indossa un naso posticcio per somigliare al suo personaggio, il re Carlo II). Il buio e i colori scuri e cupi danno un'aura spettrale all'intera storia per accentuare il clima decadente che si respirava in quell'epoca così come gli esterni tra bruma, polvere e strade fangose vogliono trasmettere allo spettatore un senso di angoscia e di ripulsa verso un'epoca da molti sognata, da altri irrisa.
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