lunedì 8 maggio 2006

Recensione RAPINA A MANO ARMATA

Recensione rapina a mano armata




Regia di Stanley Kubrick con Sterling Hayden, Vince Edwards, Coleen Gray, Jay C. Flippen, Ted De Corsia

Recensione a cura di Giordano Biagio

Terzo lungometraggio per Kubrick.
Nel 1956, quando realizzò Rapina a mano armata, Stanley Kubrick compiva 28 anni. La sua storia di cineasta era già densa di riferimenti professionali e biografici importanti. A sedici anni aveva iniziato una collaborazione con la rivista "Look" con servizi fotografici di alto livello; a diciotto era andato a vivere a Greenwich Village con la prima moglie Toba Metz: aveva già girato diversi cortometraggi e Fear and Desire.
Rapina a mano armata (The Killing) fu il primo dei tre film prodotti dalla coppia Harris-Kubrick (gli altri sono Lolita e Orizzonti di gloria). Il duo nonostante avesse svolto un notevole lavoro, ricco di risultati promettenti e ampiamente riconosciuti dai critici, si scioglierà nel '62.
The Killing è tratto dal libro Clean Break di Lionel Withe. La sceneggiatura è stata redatta dallo stesso Kubrick coadiuvato dallo scrittore Jim Thompson. La brillante e nitida fotografia del film è di Lucien Ballard: sempre monitorata dall'attento Kubrick.

Uno degli aspetti più interessanti di questo film riguarda un'invenzione narrativa di rilievo: il flashback sincronico, che è una delle diverse tecniche narrative presente nel libro: Clean Break. Essa è stata estrapolata e faticosamente rielaborata da Kubrick in una direzione più cinematografica; il regista la rende idonea a sostenere i valori visivi classici che doveva assumere nel linguaggio di immagini in movimento. Inoltre questa tecnica si discosta, in parte, da come viene presentata nel romanzo, non poteva essere trasposta nel film fedelmente a causa di una difficoltà intrinseca nella capacità semiologica del cinema a sostituire pensieri scritti con immagini. E' infatti molto arduo tradurre tecniche, composte per sequenze letterarie, in meccanismi strutturati da immagini perché occorre trovare scene che scorrano allo stesso modo dello scritto (C. Metz, Semiologia del cinema).
Kubrick traspone ciò che, delle stecche narrative presenti nel libro, gli sembra trasformabile in scene rispettose del gusto visivo vigente. A proposito intravede, con sicurezza e lungo una riflessione dell'importanza del gioco delle condensazioni, uno dei meccanismi principali che caratterizza lo stile del libro di Withe: la tecnica dell'interruzione della linea narrativa; qualcosa che dà un sapore estetico nuovo mettendo in campo dei noti flash-back ma con caratteristiche un po' particolari; essi infatti illustrano, da angolazioni diverse ma nella stessa unità di tempo, alcune scene chiavi del film. Queste tecniche vengono denominate flash-back sincronici perché ripropongono l'attenzione visiva sull'oggetto dell'ultima scena in gioco, osservandolo sempre nello stesso intervallo di tempo ma in relazione con ciò che gli accade in un luogo diverso, iniziando le riprese da puzzle prima della partenza della scena chiave già vista. Se ne ricava un importante effetto estetico che sembra portare a una maggiore partecipazione al film, come se le diverse angolazioni visive con cui si osserva la stessa scena e il venire a contatto con quanto è accaduto prima del suo inizio portasse lo spettatore a una maggiore presenza nel film.
Ad esempio: consideriamo l'intervallo di tempo che racchiude la scena della lite tra il russo Maurice e i poliziotti nel bar dell'ippodromo. La lite è provocata ad arte dalla banda di Clay per distrarre dal loro lavoro principale i poliziotti addetti alla protezione degli incassi. Kubrick - girata questa scena con maestria, coadiuvato in ciò da una prestazione superba di Kola Kwariani nella parte del lottatore Maurice - ci porta nel tempo di una scena contigua alla scena della lite, una scena situata in un altro luogo, dove si svolge dunque qualcosa di temporalmente simultaneo ma diverso nei contenuti: quindi lo spettatore osserva due scene distinte, rappresentate in luoghi diversi nella stessa unità di tempo. Lo spettatore segue lo scorrere delle scene da angolazioni diverse allargando il suo orizzonte visivo del film: quindi il suo significato.

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