Recensione fata morgana
Recensione a cura di Giordano Biagio
Werner Herzog gira, a neanche trent'anni, il suo grande capolavoro, "Fata Morgana", terzo lungometraggio che viene dopo film del calibro di "Segni di vita" (1968) premiato a Berlino con l'Orso d'argento e realizzato su un'isola greca dove vengono narrate le avventure belliche di un soldato tedesco nella seconda guerra mondiale, una pellicola che stranamente non viene distribuita in Italia, e film di grande impatto esistenziale come "Anche i nani hanno cominciato da piccoli" (1970), un'opera alla ricerca di verità scomode che si cala coraggiosamente sui problemi legati alla emarginazione del diverso la cui problematica viene da Herzog alla fine relativizzata, attenuata, sottolineando come alcuni aspetti della diversità sono presenti nell'inconscio di tutti: "C'è un nano in ciascuno di noi" .
"Fata Morgana" (1971) pur avendo un certo legame estetico con i precedenti due film se ne discosta per stile e codici visivi, soprattutto perché quest'ultimi sono molto più intensi, ricercati, a volte addirittura inventati grazie a un particolare montaggio che segue per immagini, pedissequamente, un racconto antico, originale, poeticamente superlativo: una combinazione visiva e sonora riuscita, che nel suo insieme stupisce riuscendo nel contempo a creare visioni vicine all'allucinazione, di grande effetto, tali da portare numerosi cinefili a forme di delirio visivo.
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