Recensione la morte e la fanciulla
Recensione a cura di Giordano Biagio
"La morte e la fanciulla", uscito nel 1995, è ambientato nel 1992.
Il film è tratto da un'opera teatrale del cileno Ariel Dorfman, magistralmente interpretata in Italia dallo scomparso Giancarlo Sbragia che impersonava il medico Miranda (nel film Ben Kinsley).
Le scene esterne si svolgono in un promontorio cileno che dà sull'oceano pacifico, negli interni di una villa isolata nei pressi della punta della penisola dove risiedono l'avvocato Gerardo Escobar (Stuart Wilson), responsabile di una commissione governativa per “la violazione dei diritti dell'uomo” avvenuta durante la precedente dittatura, e Pauline Escobar (una magistrale Sigourney Weaver), sua moglie, vittima di torture nel 1977, ex militante studentessa di sinistra, dissenziente da ogni regime politico totalitario.
Una sera, durante un forte temporale, l'avvocato Gerardo, di ritorno in automobile da una riunione governativa sui diritti umani da lui presieduta, fora una gomma in prossimità della sua zona di residenza e dopo aver scoperto che la ruota di scorta era bucata è costretto a fare l'autostop buttandosi, all'arrivo della prima automobile, praticamente in mezzo alla strada e fermando l'auto guidata dal medico Miranda, abitante nel suo stesso quartiere.
All'arrivo di Gerardo segue una discussione animata tra i due: Pauline è delusa dalle decisioni prese dalla commissione presieduta da suo marito perché questa, con l'avvallo del presidente Romero, ha deciso di trattare in giudizio solo quei casi legati alla morte delle vittime di torture.
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