Recensione city of life and death
Recensione a cura di Nicola Picchi (voto: 7,5)
Il massacro di Nanchino è una delle pagine più nere del XX secolo, che pure può vantare un cospicuo catalogo di atrocità.
Quando nel dicembre 1937, pochi mesi dopo la caduta di Shanghai, l'Armata Imperiale di Hirohito attaccò Nanchino, allora capitale della Cina, si abbandonò ad una serie di omicidi di massa, torture, stupri e saccheggi che hanno pochi eguali. Dagli stupri seriali (circa 80.000) alle esecuzioni a colpi di mitragliatrice dei prigionieri di guerra sulle rive del fiume Yangtze, fino al reclutamento forzato delle donne come comfort women per i soldati nipponici e all'indiscriminato olocausto di civili, ci trova di fronte ad una sistematica enumerazione di orrori che lascia annichiliti. Gli storici cinesi hanno fatto una stima complessiva di 300.000 caduti, mentre per i giapponesi la cifra oscilla dai 100.000 ai 30.000.
Quegli avvenimenti sono tuttora argomento scottante nei rapporti sino-giapponesi, dato che il Giappone non ha mai sporto scuse ufficiali alla Cina, tranne un generico rincrescimento per le sofferenze causate in Asia, espresso nel 1995 dall'allora Primo Ministro Tomiichi Murayama e dall'Imperatore Akihito.
Una forte corrente revisionista tende a rimuovere l'avvenimento, anche sugli stessi libri di testo, e ancora nel 2007 è stato possibile realizzare un film totalmente negazionista come "The Truth about Nanjing".
L'episodio ha naturalmente ispirato numerosi film, ora di stampo documentaristico (l'interessante "Nanking", di Bill Guttentag e Dan Sturman), ora polpettoni ad elevato tasso retorico (l'insopportabile "The Children of Huang Shi", con Chow Yun Fat), ed ora questo "City of Life and Death", terza opera del regista Lu Chuan.
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