venerdì 2 aprile 2010

Recensione I VITELLONI

Recensione i vitelloni




Regia di Federico Fellini con Paola Borboni, Alberto Sordi, Leonora Ruffo, Leopoldo Trieste, Riccardo Fellini, Franco Fabrizi, Franco Interlenghi, Achille Majeroni, Carlo Romano

Recensione a cura di peucezia

Dopo "Lo sceicco bianco" il giovane regista riminese Federico Fellini, avvalendosi del determinante contributo di Ennio Flaiano, autore del soggetto della storia, torna a dirigere un film coprodotto con la Francia.
Il titolo "I vitelloni" si ispira a una definizione gergale ormai desueta, tipica del pescarese e riferita ai giovani sfaccendati soliti bighellonare per le piazze del paese. La disoccupazione causata dalla depressione del dopoguerra aveva espanso il fenomeno tanto da suscitare l'attenzione di Flaiano, da sempre interessato ai fatti del costume nazionale. Fellini sposta l'azione della storia alla sua città natale, Rimini, che, vista seminascosta dalle malinconiche brume invernali, assume un aspetto decisamente crepuscolare.

I protagonisti della vicenda sono, come recita il titolo, dei giovani senza arte né parte che consumano le loro giornate nel nulla, passeggiando o canzonando chi invece ha qualcosa da fare (memorabile il gesto dell'ombrello agli operai di Alberto Sordi).
I cinque personaggi chiave della storia rappresentano cinque diverse tipologie del "maschio" di buona famiglia: l'intellettuale (Leopoldo Trieste, interprete d'elezione insieme a Sordi dei primi film di Fellini), il dongiovanni (Franco Fabrizi, physique du rôle a metà tra il tombeur de femmes e il cialtrone), il precocemente maturo (il giovanissimo Franco Interlenghi in uno dei suoi primi ruoli da "adulto"), l'infantile (un malinconico Alberto Sordi) e il giocatore (Riccardo, fratello del regista). A parte Moraldo (Interlenghi), le altre figure del film sono decisamente negative, incapaci di assumersi responsabilità o doveri. Il dongiovanni, pur costretto al matrimonio riparatore, continua a mantenere la precedente condotta da scioperato, simbolo di una gioventù che ferita dalla guerra non vuole entrare nella vita adulta per paura di ricevere altre cocenti delusioni.
A conclusione della storia, messo davanti a ulteriori prove, Fausto (Fabrizi) sembra deciso ad abbandonare lo stadio dell'adolescenza mentre Moraldo si allontana dalla sua cittadina di provincia in cerca di un futuro migliore.
Nella figura di Moraldo si rivede lo stesso Fellini che ancor giovanissimo lascia coraggiosamente la cittadina natale che lo avrebbe condannato ad un'esistenza vuota per tentare di cambiare vita.

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