Recensione un crimine
Recensione a cura di Giordano Biagio
Film TV originale e avvincente, di grande impatto visivo e culturale, con un ottimo soggetto narrativo, in grado anche di coinvolgere gli spettatori in problematiche etiche di rilievo, molto sentite, attuali, di forte incidenza mediatica.
"Un crimine" meritava forse un lancio pubblicitario diverso, su più vasta scala planetaria, in virtù anche di un cast di tutto rispetto e di un regista che conferma il suo acume analitico e una eccellente sensibilità al sociale più paradossale, oscuro, pauroso di una città grigia e violenta come New York.
Il film risente di un badge povero, calcolato per la TV, il suo linguaggio visivo non ha una grande articolazione, è molto condensato, la pellicola ha poche telecamere in azione, è troppo essenziale nelle scene, e per descrivere ciò che sta accadendo si appoggia frequentemente sul dialogo verbale più che sull'immagine; ma nonostante ciò il film coinvolge ed emoziona, soprattutto per l'intelligenza dell'intreccio e per le tre splendide recitazioni: della bellissima Emmanuel Beart, del sempre affascinante Harvey Keitel, e del seducente Norman Reedus.
Il contenuto del racconto lascia indignato lo spettatore per via di tutti gli assassini messi in scena e rimasti impuniti; il film rilascia un senso di impotenza, dolore, di fronte a una brutalità invadente, indicibile che buca lo schermo, in una metropoli come New York buia e terrorizzante, vera e squallida come non mai nonostante le sue isole di ricchezza economica e culturale.
Lo spettatore è esterefatto, allibito dal cinico piano omicida messo in atto da Alice (Emmanuel Beart), una donna fatale, malvagia, che travolge senza scrupoli in una immane tragedia un innocente e onesto lavoratore come Roger (Harvey Keitel), facendola franca.
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